GRATTACIELO PIRELLI
Luoghi lombardi dello spirito
È curioso come Benedetto Lotti detto Betto, nato a Taggia nel 1894, impregnato poi di cultura toscana grazie alle frequentazioni di Ottone Rosai e del gruppo delle «Giubbe Rosse» pilotato da Papini e Soffici, abbia dato il meglio di sé dipingendo il paesaggio lombardo, con accenti lirici pur nel rigore della sua formazione all’interno di Novecento Italiano. Ora Daniele Lotti e Lauretta Scicchitano, con la «amichevole partecipazione» di Philippe Daverio, autore del testo di presentazione, rendono omaggio alla sua arte con la mostra «Paesaggi lombardi luoghi dello spirito», allo Spazio Eventi del Grattacielo Pirelli fino al 29 luglio e con un catalogo dello Studio Bolzani.
Oltre 70 lavori, realizzati tra il 1911 e il 1973 (l’artista scomparve nel 1977 a Como) illustrano l’evoluzione dello stile pittorico di Lotti, attraverso tecniche come carboncino, acquerello e olio, senza tralasciare le incisioni, e testimoniano il suo affetto per il paesaggio e i lavori nei campi e nelle officine, come «Nel cantiere» (1918) o «La Grande Fornace» (1913).
Internato nel campo di concentramento di Sigmundsheberg, in Austria, durante la Grande Guerra, Lotti ha lasciato diversi bozzetti del periodo, mentre il dopoguerra è segnato dalla sua intensa attività nell’ambito della cartellonistica pubblicitaria, che lo vede lavorare per diverse aziende francesi, tra cui la ditta di strumenti musicali Bossard-Bonnel, Le Dauré, e la Singer, realizzando manifesti oggi ricercati dai collezionisti di tutto il mondo.
Nel corso della vita, Betto Lotti partecipò a oltre 120 mostre, tra collettive e personali - ne realizzò una nel 1946 anche nella nostra città, alla Galleria «Varese» - ma la vera svolta nella sua arte si ebbe nel 1936, quando il pittore ligure vinse la cattedra di disegno a Como trasferendosi lì a vivere con la famiglia.
Dal 1940 in poi si dedicò alle grandi tele dei paesaggi lombardi, caratterizzati da un forte legame con la natura e pervasi da una notevole spiritualità. Notevoli sono infatti «Le mondine» (1952), con le figure di quattro donne chine nell’esercizio del loro massacrante lavoro, «Autunno» (1962) e «Brianza» del 1963, dove appare chiara la parentela con l’opera dei suoi maestri di un tempo, Carrà, Soffici, Rosai e De Pisis.
«Betto Lotti è rimasto in verità un artista misterioso. A Como diventa un pittore di sostanziale garbo paesaggistico, sulla scia della cultura lombarda del Novecento, quella che trova in Arturo Tosi un riferimento intimista quasi costante e in Carlo Carrà una sorta di maestro necessario ad indicare la via d’una prassi materica», scrive Philippe Daverio. «Dell’esistenza e dell’opera di Lotti da quella data in poi tutto appare chiaro: è egli un narratore attento del paesaggio dove combina la visione vaporosa del lombardo alla materia densa e sovrapposta del piemontese».
«Paesaggi lombardi luoghi dello spirito» - Spazio Eventi di Regione Lombardia, Grattacielo Pirelli, via Fabio Filzi 22, Milano, fino al 29 luglio da lunedì a giovedì ore 9-12.30 e 14-17.30, venerdì 9-13, ingresso libero, altre info 338.7276041.
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