FOTO
Manghi, come un nibbio sul Sacro Monte
Eugenio Manghi, fotografo e documentarista varesino, ha pubblicato or ora con Macchione Editore un libro sul Sacro Monte.
Non si tratta però dell’ennesimo libro sulla Via Sacra varesina. Le immagini che vi compaiono, infatti, sono state scattate grazie a un drone così il risultato finale è molto più simile a quello che del luogo vede un nibbio che a classiche foto aeree.
Il volume s’intitola «Viaggio in drone al Sacro Monte di Varese» e molte delle foto contenute sono state scattate durante una serie di riprese realizzate per un documentario su Varese andato in onda su Rai Tre, durante la trasmissione «Geo».
Manghi, che idea le è venuta?
«Beh, la fotografia e la ripresa aerea sono sempre state la mia passione. Per molto tempo ho dovuto ricorrere ad aerei e, quando possibile, a elicotteri. Ma trattandosi - questi ultimi - di mezzi molto costosi da noleggiare, ho sempre avuto la necessità di ricorrere a un approccio strategico: sponsor, forze dell’ordine in operazioni, compiacenza di qualche amico elicotterista dilettante... A Varese, per esempio, gli amici del Volo a Vela mi sono stati spesso di grande aiuto con il loro motoaliante che è abbastanza lento per lasciarti lavorare bene, poco costoso e discretamente stabile».
Certo che con il drone è un’altra cosa...
«Col drone ci sono due vantaggi: l’indipendenza totale da terzi e la possibilità di filmare su una scala inaccessibile ad aerei ed elicotteri, la scala delle distanze molto ravvicinate, sia in movimento, sia in hovering, ovvero col drone fermo a mezz’aria, utile per avere il tempo di perfezionare l’inquadratura. Il drone apre un mondo nuovo e nuove possibilità creative ed espressive. Un aereo non può fermarsi a mezz’aria e un elicottero non può stare in hovering a bassa quota, sia perché è genericamente pericoloso, sia perché si rischia di danneggiare le piante e i tetti delle case».
Anche il drone avrà i suoi limiti.
«Beh, se non è di tipo molto particolare, non si presta a filmare la vetta del Monte Bianco o a fare navigazioni lunghe, poiché sono vietate per legge quelle superiori ai 500 metri di distanza dal pilota. In molti hanno capito che si tratta di un mezzo eccezionale per la ripresa aerea e così sono in tanti ad avvalersene. Tuttavia non bisogna dimenticare che è molto importante conoscere e rispettare le regole dell’aria. Io ho studiato un paio d’anni e conseguito due abilitazioni e ho dovuto certificare e assicurare i miei droni. Ma devo dire che ora sono proprio contento».
Ma come ha lavorato? Il drone scattava le foto quando voleva lei?
«Il mio drone permette di scattare le foto quando lo si desidera, quindi prima preparo l’inquadratura, poi scelgo la messa a fuoco e l’esposizione, infine comando lo scatto».
Quanto tempo ci ha messo?
«Un annetto, soprattutto per trovare le condizioni di luce adatte: cieli tersi, ma senza vento e nell’orario giusto. Non è stato facilissimo».
Niente foto invernali però...
«Purtroppo l’anno scorso non c’è stata una bella nevicata... Le faremo per qualche altro libro di Macchione. Il drone è sempre pronto!».
Chi ha lavorato con lei?
«Mia moglie Annalisa Losacco, fotografa e videomaker, Pino Faré, documentarista, Paola Viotto per i testi, poi tradotti da Susi Clare».
Alla fine che tipo di libro risulta?
«Le foto sono tante e tutte meditate. L’idea è quella di mostrare il nostro mondo varesino dall’alto, i luoghi noti e quelli più amati con un approccio fotografico diverso e prospettive insolite». (c.c.)
La presentazione è venerdì 22 dicembre a Varese, alle ore 18 in sala Filmstudio ‘90, in via de Cristoforis 5; prevista anche una breve proiezione in alta definizione di immagini video spettacolari, realizzate durante le sessioni fotografiche.
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