IL VIAGGIO
Marsiglia, la Babele 2.0
La crociera dei lettori di Prealpina ha fatto tappa nella seconda città francese
Osservatela dall’alto, una collina di 147 metri in cima alla quale svetta una basilica intitolata a Nostra Signora della Guardia: la città è una sterminata macchia di cemento, tra case vecchie e palazzi nuovi. Nessun intervallo di verde: è come se negli anni dell’immigrazione, l’anagrafe fosse esplosa scatenando gli dei del mattone.
Adesso osservatela dal mare mentre la nave brucia l’ultimo miglio verso terra: all’orizzonte non c’è un porto a semicerchio ma un colossale terminal che si sviluppa in lunghezza facendo sembrare giocattolini le ammiraglie da crociera ormeggiate e i grossi traghetti che ogni giorno fanno la spola dall’Europa alla Tunisia, all’Algeria, alla Libia. Esiste un traffico regolare lungo le rotte dei gommoni sui quali tanti disgraziati muoiono di fame è di stenti.
Questa è Marsiglia, la seconda città di Francia, la più vecchia, la più musulmana, la più infiltrata dalla delinquenza. Quando imperavano i Marsigliesi, corrispettivo dei nostri Corleonesi, paradossalmente c’era più sicurezza. Via i gatti, ballano i topi che vivono di borseggi e di droga, tanta droga. Ovunque nel vasto centro storico si fuma hashish, per strada, nei caffè, senza appartarsi, come se il consumo fosse liberalizzato. Utopia della tolleranza, del lasciar fare. Ma questo è il meno: dietro le quinte ci sono le piazze dello spaccio pesante e in periferia le bande si affrontano a colpi di kalashnikov.
Niente che non si sappia e che non sia stato abbondantemente documentato dai film con Jean Paul Belmondo. Anche le guide turistiche non nascondono la verità. Eppure il fascino della metropoli è intatto.
Con la sua storia cominciata 2600 anni fa quando i greci costruirono il primo porto le cui rovine, ben conservate, stanno dietro ai magazzini Lafayette.
on il suo profilo imperiale sviluppatosi nel diciannovesimo secolo, ma abbozzato già da Luigi XIV.
Con la sua mescolanza di popoli diversi, armeni, curdi, ebrei, africani delle ex colonie, italiani e, ovviamente, maghrebini. E inevitabilmente con i suoi rigurgiti nazisti, contro gli italiani alla fine dell’800, contro gli algerini negli anni ’70 del secolo scorso. E ora?
Ora nessuno osa stare tranquillo dopo i fatti di Nizza: la città è piena di soldati con i mitra e le bombe a mano legate al giro vita.
Ma si confida nella collaudata coabitazione con gli arabi che ha sempre funzionato. Arrivavano con tanta voglia di lavorare, si sono integrati. Il rischio, caso mai, sono nipoti e pronipoti di quei nonni e bisnonni.
Disoccupati, svogliati, facilmente influenzabili arruolabili dai fanatici delle guerra santa, dai predicatori di odio. Così ci racconta un paisà incontrato davanti a un centro congressi, progettato da un italiano, che per metà svetta a forma di una “C” sul lungomare, per l’altra metà è subacqueo.
Uno ascolta i relatori con un occhio e con l’altro spia avvista una muta di cefali che annusa le pareti di vetro, vista sui fondali. Il paisà si chiama Giulio, romano de Roma, padrone di un bistrot con le foto della Dolce Vita ai muri. Ce l’ha col l’eccesso di assistenzialismo dei francesi. E allora lui ti fa pagare sette euro e mezzo due palline di gelato da supermarket. Ricordate il film con Totò che voleva vendere Fontana di Trevi a un turista americano?
La specie dei furbacchioni non s’è estinta. Si è solo internazionalizzata.
Dicevamo della basilica mariana sulla collina: è affollata di ex voto per marinai usciti indenni da un affondamento o per pescatori salvi dopo una tempesta.
La Francia si dice laica e si scopre religiosissima. Difficile contestare la tesi avendo nel proprio territorio il luogo per eccellenza della devozione e della fede nei miracoli: Lourdes.
Bene, dall’alto di questa chiesa come altre a Marsiglia in stile romanico e bizantino insieme, si scorge a un miglio dalla costa un’isoletta che sarebbe rimasta un’isoletta se ad essa Dumas non si fosse ispirato per raccontare la prigionia e la fuga del Conte di Montecristo.
Lo scrittore visse parecchio tempo a Marsiglia e immaginò il protagonista della sua storia incarcerato in una fortezza che domina quel piccolo fazzoletto di terra assai caro alla gente di qui. Soprattutto agli appassionati di nautica.
D’estate velisti e motoscafisti cingono d’assedio l’isola che ha baie al riparo dal vento. Un vento teso e fresco che non è il mistral di cui si parla con rassegnazione e spavento. Un vento allegro simile a quello che ci ha accolto sotto un cielo di nuvole l’altra mattina.
Come sapete siamo in crociera con i lettori della Prealpina: per alcuni viaggio premio, avendo partecipato al gioco delle fotografie più belle da scattare e postare sui nostri siti web.
Il gruppo ormai è compatto, il diario di bordo registra euforia e voglia di spassarsela. Capita che qualcuno dei nostri lanci un tema dopo cena o durante l’escursione nella città in cui facciamo sosta: ci aspettano Cagliari, Ajaccio, Malta, Civitavecchia dopo Marsiglia.
E qui a Marsiglia, passando davanti alla spiaggia dei Catalani, il tema non poteva che essere il burkini: vietarlo o tollerarlo?
La seconda che abbiano detto, naturalmente.
Ma parte della truppa, quasi tutta di solidi lombardi adusi alla concretezza, si infiamma come si fa al bar sport dopo una vittoria delle Juventus.
I favorevoli chiedono la par condicio se una donna occidentale si sdraiasse in topless su una spiaggia frequentata da musulmani.
Senonché si avvicina al nostro bus una tunisina mentre torniamo sulla nave sotto un potente temporale all’ora del tramonto. Premette che ha pianto per il Tir che ha seminato morte e orrore nel centro di Nizza, poi chiede di poter vivere liberamente la sua religione: «Sono una donna velata ma ho una sorella che indossa il bikini».
Ci dice il suo nome, si farebbe anche fotografare: interviene il marito con gentilezza e fermezza.
Niente pubblicità, solo dialogo per far crescere la comprensione reciproca. Ma si sa come vanno i dibattiti da crociera. C’è sempre la farsa che stempera il dramma. Una ragazza brasiliana che lavora sulla Pacifica racconta d’aver assistito alla scena seguente su una spiaggia del Marocco: donna castigatissima in un burkini rosso fuoco. Esce dall’acqua e su un fianco si legge la marca dell’indumento: Nike.
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