Ue
Mattarella celebra Trattati: c'è bisogno Europa, con più coraggio
No sovranità nazionali ma cambiare trattato Lisbona: è inadeguato. "Fatti gli Europei è ora necessario fare l'Europa"
Roma, 22 mar. (askanews) - L'Unione europea, che ha avuto in questi sessant'anni di vita (con le sue varie declinazioni e composizioni) nell'Italia un "motore traente", ha sempre rappresentato - nel quadro mondiale - uno strumento essenziale di pace, di crescita economica, di "affermazione di un modello sociale sin qui ineguagliato fatto di diritti e civiltà". E oggi, come sei decenni fa, "abbiamo bisogno dell'Europa unita" per rispondere alle esigenze di sviluppo, di prosperità del Vecchio Continente. Ma oggi l'Europa appare come ripiegata su se stessa e incerta nella rotta da prendere. Atteggiamento che fa riemergere istanze di sovranità nazionale destinate comunque alla sconfitta, perché nessuna paese membro da solo può garantire pace, sicurezza e prosperità ai propri cittadini. Ecco allora che serve più coraggio, visioni lungimiranti a cominciare da una decisa azione di riforma del Trattato di Lisbona, strumento ormai inadeguato.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso questa mattina la parola nell'aula di Montecitorio, davanti le Camere in seduta comune per la celebrazione del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Prima del suo intervento Mattarella, quando la presidente della Camera Laura Boldrini lo ha invitato a prendere la parola, è stato salutato dal lungo applauso (oltre un minuto) di senatori, deputati, europarlamentari, tutti in piedi ad acclamare il presidente "europeista". Governo al completo con il premier Paolo Gentiloni in testa, poi il presidente del Senato Pietro Grasso (intervenuto dopo il saluto di Boldrini e prima del capo dello Stato), l'ex presidente della Commissione Ue Romano Prodi, l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Presenti i parlamentari del Movimento 5 Stelle (che non hanno fatto mancare i loro applausi) mentre fuori dall'aula i gruppi parlamentari nazionali e europeo della Lega Nord, con l'unica eccezione di Umberto Bossi, presente in aula quasi a marcare una volta di più la sua distanza dall'attuale gruppo dirigente del Carroccio.
Il discorso di Mattarella si è sviluppato per 15 cartelle, interrotto più volte dagli applausi. Parole che non hanno fatto dubitare della sua fede europea e del fatto che, per quanto glielo possano permettere le sue prerogative, difenderà l'Unione europea dai suoi contorcimenti, dalle derive nazionaliste, dall'avanzamento di movimenti populisti. Termini diretti, senza allusioni ma chiari per far capire qual è il suo posto (e quello dell'Italia) nello scenario comunitario.
La spinta all'unità europea, ha detto, "si è sempre rivelata più forte degli arroccamenti e delle puntigliose distinzioni pro-tempore di singoli governi o di gruppi di Paesi". Certo, "oggi l'Europa appare quasi ripiegata su se stessa. Spesso consapevole, nei suoi vertici, dei passi da compiere, eppure incerta nell'intraprendere la rotta. Come ieri, c'è bisogno di visioni lungimiranti, con la capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi".
In ogni caso, è stato il suo monito, "nessun Paese europeo può garantire, da solo, la effettiva indipendenza delle proprie scelte" e "nessun ritorno alle sovranità nazionali potrà garantire ai cittadini europei pace, sicurezza, benessere e prosperità".
Gli europei "oggi hanno bisogno dell'Europa unita" e, citando Luigi Einaudi, ha aggiunto che gli Stati Uniti d'Europa "non basta predicarli" ma serve che i Parlamenti "rinuncino a una parte della loro sovranità". D'altronde "l'alternativa reale" a questo, ha detto Mattarella, è "tra la frantumazione e l'irrilevanza di ciascuno e, invece, un processo di unificazione basato non sull'egemonia del più potente". L'allargamento quindi non è una cosa su cui interrogarsi, perché l'Europa "non può permettersi di rinviare gli appuntamenti con la storia, quando essi si presentano, né possono prevalere separatezze e, tantomeno, amputazioni".
Non poteva mancare un passaggio sull'euro, sempre oggetto di scontri politici. La moneta comune, ha sottolineato Mattarella, "è divenuta, nel breve volgere di tempo, il secondo strumento di riserva a livello mondiale". E l'euro "ha provocato il forte abbassamento dei costi del credito, tutelando i risparmi delle imprese e delle famiglie".
Insomma per Mattarella, che ha capovolto l'espressione attribuita a Massimo D'Azeglio, "verrebbe da dire: fatti gli europei è ora necessario fare l'Europa". Soprattutto considerando che "la soluzione alla crisi", ha detto, "non può essere la compressione dei diritti sociali nei Paesi membri". Tanto meno, ha rilevato con evidente riferimento alle parole usate ieri dal presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, "l'occasione di grossolane definizioni di Nord e Sud d'Europa".
Per il capo dello Stato "le prove alle quali l'Unione Europea è chiamata a tenere testa pongono con forza l'esigenza di rilanciare la sfida per una riforma dei Trattati". Un passo "ineludibile" perché "le ambizioni del Trattato di Lisbona, oggi vigente, appaiono inadeguate".
Insomma, ha concluso Mattarella, costruire il futuro non con "impossibili ritorni a un passato che non c'è più, non muri che scarichino i problemi sugli altri senza risolverli, bensì solidarietà fra Paesi, fra generazioni, fra cittadini che condividono una stessa civiltà".
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