IL CASO
Molina, Galimberti accusa
Il sindaco scrive alla Procura: «Qualcuno già sapeva? S’indaghi sugli ultimi dieci anni»
Qualcuno, forse, già sapeva. E ha atteso a lungo prima di innescare il detonatore e fare esplodere il caso. Sei lunghi mesi di silenzio, fino alle elezioni che hanno cambiato gli equilibri politici a Palazzo Estense e consegnato al centrosinistra le leve dell’Amministrazione comunale, prima saldamente nelle mani degli uomini di Forza Italia, Lega nord e alleati minori.
A puntare l’indice contro una possibile regia politica dietro l’affaire Molina è ora il sindaco Davide Galimberti, da settimane obiettivo di attacchi lanciati dalle opposizioni e anche da esponenti del suo partito, il Pd, per i «silenzi imbarazzanti» con cui il primo cittadino avrebbe cercato di tenere a distanza le polemiche e le prese di posizione sulla gestione finanziaria della casa di riposo, i prestiti concessi ad aziende “amiche”, le disinvolture, le aderenze, le reticenze degli amministratori a cui sono state affidate le casse dei ricchi forzieri dell’istituto.
Galimberti pavido o, peggio, connivente?
Il sindaco ha inviato una lunga lettera, la seconda da quando sul Molina s’è abbattuta la tempesta mediatica, alla Procura della Repubblica di Varese, all’Autorità nazionale anticorruzione, alla Direzione generale dell’assessorato al Welfare della Regione Lombardia, e all’Ats dell’Insubria, l’agenzia per la tutela della salute che sta conducendo accertamenti tecnici e amministrativi sulla gestione dell’istituto.
Articolo sulla Prealpina di mercoledì 2 novembre.
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