L’INTERVISTA
Mongiano: torna l’attore coerente
Doppio spettacolo a Cuasso e Varese per l’artista che a Gallarate trovò il teatro deserto
Giovanni Mongiano torna a Varese e raddoppia. Attore, regista e drammaturgo dalla brillante carriera teatrale, Mongiano del Teatro Lieve tornerà nella nostra provincia con due spettacoli molto diversi fra loro, capaci di mettere in luce differenti dimensioni umane e teatrali. Venerdì 3 alle 21 sarà al Nuovo Teatro di Cuasso al Monte con il suo monologo “Improvvisazioni di un attore che legge”; domenica 12 alle 16.30 porterà ai pomeriggi teatrali del Teatro Apollonio di Varese “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello.
A sette mesi dalla sua ultima presenza varesina Mongiano torna con lo stesso spettacolo, “Improvvisazioni di un attore che legge”, che proprio dal Teatro del Popolo di Gallarate è balzato alla notorietà mondiale per essere andato in scena senza pubblico in sala. Uno spettacolo di cuore - come lo definisce lui - al quale seguirà la settimana successiva uno spettacolo di dinamica quasi opposta, in quanto riflessione sul ruolo delle maschere che indossiamo.
Giovanni ci ha lasciati l’8 aprile con una prova attoriale generosa. Venerdì tornerà su un palco varesino con lo stesso spettacolo…
«Sì, torno sul luogo del delitto (ride). Venerdì porterò “Improvvisazioni di un attore che legge” al Nuovo Teatro di Cuasso. Si tratta di uno spettacolo autobiografico che ho scritto nel 2013. Ha riscosso molti consensi e ha avuto un centinaio di repliche, anche se oggi tutti lo conoscono perché quella sera sono andato in scena con la platea vuota».
Cos’è accaduto la sera dell’8 aprile?
«In realtà già dal pomeriggio c’erano avvisaglie che non sarebbe venuta molta gente. Quando siamo arrivati non abbiamo visto locandine in giro. Comunque, come tutte le volte, fin dalla mattina ho cominciato a prepararmi per lo spettacolo. Sono andato a teatro. Visto che sono un po’ pignolo ho controllato i vari aspetti, ho fatto riscaldamento muscolare, trucco e così via. A pochissimi minuti dall’inizio, mentre la mia assistente mi stava fasciando le mani per esigenze di scena, mi hanno comunicato che in sala non c’era nessuno e che se volevo potevamo andare a casa. Mi è bastato un secondo per decidere e così ho cominciato. Dopotutto mi preparavo dalla mattina, ero pronto a recitare e so che in queste situazioni, se non recito, vado a casa e sto male. È stata una scelta naturale. Devo dire che quella sera rarissimamente ho perso la concentrazione, come invece può capitare quando c’è pubblico».
Dall’Europa, all’Argentina, al Messico, all’Uruguay, si aspettava tutta questa notorietà? Perché secondo lei il suo gesto è stato così apprezzato?
«Non potevo immaginarlo. Grazie al web l’episodio ha fatto il giro del mondo. Penso che gran parte delle persone che sono al di fuori della nostra professione lo abbiano visto non solo come la scelta di un attore, ma come il gesto romantico di un uomo coerente con sé stesso, in un mondo che invece è sempre più alla ricerca del consenso massimo. Quella sera sono andato in scena per me stesso ed ero io, senza maschere».
Perchè il titolo “Improvvisazioni di un attore che legge”?
«Va a piccare quegli attori che oggi comodamente leggono in scena. Anche il protagonista del mio monologo è un attore, ma quando recita non legge mai. È Matteo Sinagra - personaggio che ho ripreso dalla novella “Da sé” di Pirandello - che nel mio monologo è uno sfortunato attore generico della compagnia di giro di Ermete Zacconi. Lo spettacolo narra le sue avventure e disavventure nel mondo del teatro d’inizio Novecento. C’è la vita di palcoscenico dura, romantica, ma piena di grotteschi imprevisti, di speranze sempre deluse e umiliazioni cocenti, ma da cui non riesce a separarsi. C’è molta ironia accompagnata da riferimenti al mondo teatrale di Shakespeare, Pirandello e al Teatro d’Arte di Mosca».
Domenica 12 invece porterà all’Apollonio “Il fu Mattia Pascal”…
«Si passa ad una dimensione pirandelliana molto diversa in cui l’uomo indossa delle maschere. È uno spettacolo che per me segna un ritorno: l’ho portato recentemente all’11° Festival Nazionale Luigi Pirandello del Teatro Stabile di Torino, quarant’anni dopo essermi diplomato alla Scuola del Teatro Stabile».
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