ORTO
La sottile indifferenza di Moroder
Ci sono due nuovi inquilini nell’Orto d’arte di via Bagaini a Varese. E si fanno notare. Sono due figure dall’aspetto primitivo, allungate e imponenti, due sagome di uomini senza tempo alte 203 centimetri e realizzate su una struttura in acciaio con un impasto di sabbia, trucioli di ferro e una resina particolare. Sembrano in movimento: in realtà una è dritta e ha un’espressione rigida e seria, l’altra invece non è finita, è rivolta all’indietro come se stesse cadendo e perdendo pezzi. Il titolo dell’opera, metaforico e significativo, è «Indifferenza», «il non voler vedere la necessità d’aiuto di chi è meno fortunato di noi»spiega l’autore Gerald Moroder.
Lo scultore di Ortisei è il dodicesimo protagonista di questo piccolo giardino in centro città, di proprietà di Edil3 Immobiliare e gestito, con il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto, da Alberto Lavit e dall’associazione culturale Parentesi presieduta da Veronique Perrard-Monzini, fondata nel 2011 con l’idea che l’arte deve andare oltre i luoghi comuni ed essere presente e viva in città. È accaduto negli ultimi anni con «Equity» di Sandro Del Pistoia installata l’estate del 2016 ai Giardini Estensi, o con la mano rossa di Giuliano Tomaino donata al Comune per la rotonda di viale Europa, ma anche con le dieci sculture sempre di Tomaino proposte in modo estemporaneo a cura di Mario Botta in piazza Monte Grappa e Paolo Fiorellini sulla Torre Civica. E accade ora con Moroder - classe 1972,un padre musicista e nonni scultori del legno - che tra i tanti e importanti ospiti di che si sono avvicendati per questa insolita mostra en plein air, è senz’altro uno dei più autorevoli.
Di lui scrive la critica d’arte Chiara Canali: «Le sculture sottili e smaterializzate di Gerald Moroder sono costituite della stessa roccia rossa di porfido del Monte Rasciesa, alle cui pendici sorge Ortisei. In questa sua ricerca sono i materiali di terra a essere posti in primo piano, quasi privilegiati per la loro intatta forza d’urto con l’immagine della realtà e dell’uomo contemporaneo. Con la terra, la pietra, l’impasto di legno lo scultore vuole fare un’esperienza ogni volta diversa, pervaso dagli umori che si possono raccogliere dentro la natura produttiva del suo esistere. Attraverso queste materie antiche egli si ostina a cercare una configurazione che corrisponda al senso di una frattura con il mondo, o di una ferita, o di una lacerazione con l’esistente da colmare con un abbraccio. Per lo scultore l’importante è non sentirsi escluso dal desiderio di appartenere alla terra madre, di entrare nel suo magma e di risalire fino al cielo, portando l’opera dall’impurità terrestre alla purezza celeste, e viceversa dalla purezza dell’idea all’impurità del linguaggio. In un ideale vortice circolare, le figure magre e longilinee modellate dall’artista sono dei fotogrammi dello stesso uomo colto in fasi successive di smaterializzazione corporea che vuole approdare a una forma di levità, di dissolvenza, di intangibilità dell’essere. La frantumazione della materia si oppone alle leggi della gravità, la torsione del corpo si riflette in un fremito verso l’alto, traducendo l’anelito verso un’entità superiore».
Gerald Moroder, «Indifferenza» - Varese, Orto d’arte, via Bagaini 20, fino al 30 giugno, aperto sempre en plein air.
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