LA SENTENZA
Nadir, il terrorista di Busto
Condannato a 4 anni ed espulso l’uomo che voleva far saltare il centro commerciale di Arese. Un padre violento gli ha segnato l’adolescenza
L’aspirante lupo solitario del fondamentalismo islamico, il trentunenne marocchino Nadir Benchorfi, condannato due giorni fa a quattro anni di carcere per terrorismo internazionale dalla Corte d’Assise di Milano, ha trascorso la sua adolescenza a Busto Arsizio.
Una decina d’anni in tutto, tra il 1998, anno in cui arrivò in Italia appena dodicenne, subito dopo la morte della mamma, e il 2007.
Un periodo molto tribolato quello vissuto dal marocchino che, secondo il pm del pool Antiterrorismo di Milano Enrico Pavone, se non fosse stato fermato, sarebbe stato pronto a commettere un attentato sanguinario nel centro commerciale di Arese, sorto sulle ceneri dei capannoni degli stabilimenti dell’Alfa Romeo, dove negli ultimi anni, di ritorno dalla Germania, aveva trovato lavoro come aiuto cuoco nella tavola calda di un ipermercato.
A ricostruire il travagliato rapporto con il padre (nel frattempo risposatosi) e la sua nuova famiglia, in aula, è stata una funzionaria dell’allora commissariato di Busto Arsizio, entrata in rapporti con Benchorfi nel 2004, quando il giovane, all’epoca ancora minorenne, fu agganciato dai Servizi sociali avendo denunciato i ripetuti maltrattamenti del capo famiglia.
Per questo, il giovane trovò ospitalità per un certo periodo in una comunità in zona Busto, troncando una volta e per tutte il cordone ombelicale con il papà.
Genitore che aveva riferito fosse vicino ad ambienti legati allo jihadismo armato e terrorista. Ambienti descritti come potenzialmente molto pericolosi, dai quali sosteneva di essere lontano anni luce.
Sempre nel 2004, le confidenze del giovane, per quanto frammentarie, furono raccolte dalla Digos di Milano, ma il fascicolo giudiziario messo assieme con le sue dichiarazioni non approdò a nulla di particolarmente significativo e fu archiviato.
Va da sé, il suo atteggiamento verso l’Islam radicale è cambiato nel 2012, da quando decise di trasferirsi per lavoro nella regione di Düsseldorf, in Germania. Proprio lì cominciò a frequentare un gruppo di venticinque aspiranti combattenti, di varia origine, ma tutti nati in Germania, che poi sarebbero partiti in due tronconi per la ”Guerra Santa” in Siria.
Durante il soggiorno tedesco, il giovane fu indottrinato e spinto più volte a entrare in azione.
Quando, nel 2014, ritornò in Italia, il legame con alcune persone di quell’area restò ben stabile, fino al fermo emesso lo scorso inverno.
«Benchorfi è il prototipo del terrorista. Di più, ha il profilo di altri attentatori che si sono mossi per l’Isis in Europa negli ultimi anni», ha detto di lui il pm Pavone, che ha chiesto e ottenuto l’espulsione immediata dall’Italia quando avrà scontato la pena.
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