L’INTERVISTA
«Nel Pd c’è un problema politico»
Da “mastino” a “dissidente”, Mirabelli contesta il presunto accordo con Malerba. L’accordo preelettorale? «L’ho firmato, ma non l’ho gradito»
Fabrizio Mirabelli era soprannominato “il mastino” quando, per anni, aveva interpretato l’opposizione. Ora che si trova in maggioranza, col suo Pd, con il centrosinistra, è diventato per alcuni «il dissidente». «Io dissidente? Pongo problemi di natura politica, non questioni personali». Questa la premessa. Il caso: Mirabelli, Luisa Oprandi e Giampiero Infortuna hanno aperto una crepa nella solidità del Partito democratico, esprimendo critiche anche severe. E lo hanno fatto su più temi. Il “mastino” chiarisce: «Per quanto mi riguarda, la questione principale riguarda i rapporti con la Lega civica. In campagna elettorale, il sindaco Davide Galimberti ha più volte pubblicamente smentito l’esistenza di un accordo. Tutti ricordano le sue dichiarazioni tra il primo e il secondo turno: aveva seccamente negato qualsiasi tipo di intesa con la lista di Malerba».
E poi che cosa sarebbe successo?
«Decisioni e atti che vanno nella direzione opposta e fanno pensare all’esistenza appunto di un accordo con la Lega civica. Se il nostro sindaco, allora candidato sindaco, maturava questa intenzione, avrebbe dovuto essere trasparente e fare l’accordo alla luce del sole, in modo che questa operazione potesse essere valutata dagli elettori».
Mirabelli insomma non ha digerito l’elezione di Stefano Malerba presidente del Consiglio comunale e neppure le nomine ai vertici di Avt e Aspem Reti, con le designazioni, rispettivamente, di Franco Taddei e Alfonso Minonzio, «il primo ex forzista e ora probabilmente vicino alla Lega civica, il secondo certamente molto affine alla Lega civica». Tre indizi insomma che secondo l’ex capogruppo del Pd in Consiglio comunale rappresentano una prova. «Faccio anche rilevare che l’attuale vicesindaco, Daniele Zanzi, si era proposto come garante del fatto che non ci sarebbe stato nessun tipo di accordo con la Lega civica».
«Non è una questione da poco - sottolinea Mirabelli -, stiamo parlando del perimetro di una coalizione e del modo in cui ci siamo presentati all’elettorato». E c’è di più: «Al primo Consiglio comunale, il capogruppo di Varese 2.0 ha pronunciato parole di fuoco rivolte all’ipotesi di alleanze con la Lega civica. Peccato che poi abbia votato per eleggere Malerba presidente del Consiglio comunale. Io non l’ho votato e l’ho detto prima e dopo, credo di essere stato coerente con l’impegno a non fare intese con la Lega civica. E ho votato una collega di partito».
Chiusa questa parentesi (la madre di tutte le spaccature secondo Mirabelli) eccone un paio di corollario. Il presunto “contrattino” che Galimberti gli avrebbe fatto firmare per evitare il voto disgiunto al primo turno. «Sì l’ho firmato, anche se non l’ho per niente gradito. È stato come chiedere a Javier Zanetti di sottoscrivere un atto di fedeltà all’Inter».
E la querelle delle commissioni? Lui, come Infortuna e Oprandi, ha rifiutato di farne parte. «Sono undici commissioni e noi siamo in tredici: è giusto mandare avanti chi ha meno esperienza e può farsi così le ossa». Da ultimo, la petizione di Mirabelli per l’audizione pubblica, in Consiglio comunale, del presidente della Fondazione Molina, Christian Campiotti. «Ho letto che il consigliere Andrea Bortoluzzi non l’ha firmata ma si è proposto per un incontro, suo, con il presidente Campiotti. Ricordo a Bortoluzzi che la richiesta, sottoscritta dalla maggioranza dei consiglieri, di cui dieci del Pd, è per un’audizione pubblica, non la visita privata di un consigliere. Come era stato in passato per il magnifico rettore e il direttore generale dell’ospedale che sono venuti in Consiglio e si sono sottoposti alle nostre domande. Perché col Molina no?».
© Riproduzione Riservata