IL CASO
«I figli dei sinti vadano a scuola»
Non rinnovato il progetto che prevedeva la presenza degli educatori nel campo di via Lazzaretto. Il Comune risparmia 17mila euro
«I figli dei sinti devono andare a scuola come tutti i figli dei cittadini gallaratesi». Non è uno slogan, né una frase ad effetto. Ma un semplice dato di fatto, espresso a chiare lettere non dal sindaco Andrea Cassani (spesso accusato di usare toni troppo forti, una sorta di Trump de noantri, si dice così?) ma dall’assessore ai Servizi sociali Franco Liccati che annuncia la fine dell’intervento di scolarizzazione arrivato alla sua normale conclusione il 31 dicembre 2016: 17.153 euro per il Progetto Suono curato in collaborazione con l’associazione L’Albero e le Acli.
«Gli obiettivi specifici – viene chiarito nella spiegazione dell’iniziativa – sono quelli di garantire il diritto all’istruzione a favore del successo scolastico di un gruppo di circa venti bambini, attraverso azioni educative e di supporto allo studio e alla motivazione scolastica dei minori».
Insomma alcuni operatori specializzati andavano al campo dei sinti in via Lazzaretto a Cedrate per l’assistenza scolastica in modo che i bambini non ingrossassero le fila della dispersione. Andavano, perché dal primo gennaio le attività sono sospese. Ciò non significa che i figli dei nomadi non debbano più studiare. Tutt’altro. «Tre giorni fa – informa l’assessore Liccati – i sinti mi hanno confermato che mandano regolarmente i figli a scuola. Ho risposto loro che avrei verificato e, nel caso mi avessero detto una cosa non vera, avrei agito con le necessarie segnalazioni».
In attesa che s’inneschi il dibattito, in tema di sinti resta il capitolo bollette da sistemare. Annosa questione quella delle utenze non pagate al campo di via Lazzaretto. Nel merito, però, Liccati non entra, essendo una questione di natura contabile. Resta, però, un concetto: «Sono venuti in assessorato per chiedere contributi per il pagamento delle utenze Enel. Io ho semplicemente risposto che devono mettersi in coda come tutti gli altri cittadini. Esiste un regolamento comunale da rispettare e, soprattutto, la disponibilità a voler costruire un progetto sociale d’intesa con il Comune se si vuole essere aiutati».
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