LA CONFESSIONE
Strage tentata. Per depressione
Dal giudice il marocchino che ha rischiato di far saltare il palazzo in cui vive: «Da quando ho perso il lavoro la mia vita è finita»
«Volevo morire, ci ho provato in tutti i modi, sono depresso»: non ha esitato ad ammettere le proprie responsabilità il marocchino trentottenne arrestato dai carabinieri per tentata strage.
Difeso dall’avvocato Arianna Cremona, ieri mattina, mercoledì 22 febbraio, l’uomo è comparso davanti al gip Nicoletta Guerrero che ha deciso di tenerlo in carcere, così come richiesto dal pubblico ministero Francesca Gentilini.
Almeno fino a quando non sarà disponibile un’alternativa che non siano gli arresti domiciliari nella palazzina tra viale Trentino e via Cadore che lunedì notte ha cercato di far esplodere.
L’uomo ha spiegato al giudice le ragioni della sua disperazione.
«Ho perso il lavoro - ha detto - a ottobre del 2015 e per la mia cultura e la mia mentalità è umiliante vivere al traino di mia moglie. Anche i vicini mi additano come un mantenuto, non ce la faccio più. E poi non riesco a darmi pace per la morte di mia madre, perché non sono riuscito a essere al suo capezzale prima che spirasse».
Alla frustrazione il marocchino - immigrato nel 2003 e sposato con un’italiana - ha cercato di far fronte con l’alcol. Sempre più spesso la moglie e i conoscenti lo trovavano ubriaco e delirante perché quando beve perde completamente il lume della ragione.
Così si spiegherebbero gli episodi precedenti: il 17 febbraio, per placarlo i militari dovettero usare lo spray al peperoncino. Il maghrebino aveva tentato di ferire i militari con un coltello, era stato arrestato e se l’era cavata con l’obbligo di firma. Pochi giorni prima anche la polizia di via Ugo Foscolo aveva dovuto denunciarlo per le sue intemperanze.
Il 12 febbraio pare avesse già provato a saturare l’appartamento di gas e in un’altra occasione, mentre era in caserma, avrebbe cercato di uccidersi strozzandosi con le stringhe delle scarpe.
Lunedì notte il trentottenne ha messo a repentaglio l’incolumità dell’intero condominio, previa telefonata al 112 con cui annunciava l’intenzione di radere al suolo tutto. Ha infatti azionato gli erogatori del gas metano che alimentano la cucina (quelli privi di alcuna sicura) e quindi sarebbe bastato uno squillo di cellulare per far scoppiare l’inferno.
Vigili del fuoco e carabinieri sono arrivati immediatamente e hanno così evitato il disastro.
L’avvocato Cremona si è già attivata per reperire una struttura che lo possa accogliere e soprattutto che gli consenta di disintossicarsi dall’alcol.
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