TEATRO DELLE ARTI
«A Gallarate mi sento a casa»
Angela Finocchiaro torna in città con “Calendar Girls”, commedia dedicata a donne «straordinarie»
È l’appuntamento più atteso della quarantanovesima stagione teatrale delle Arti. Questa sera alle 21 (con replica martedì 28) arriva sul palco di via don Minzoni Angela Finocchiaro con “Calendar Girls”, adattamento teatrale dell’omonima pellicola di successo firmata da Nigel Cole (lo stesso di “L’erba di Grace”). Racconta la storia vera - avvenuta in Inghilterra negli anni Settanta - di un gruppo di attempate donne, appartenenti a un’associazione femminile legata alla Chiesa, che decisero di posare nude per un calendario. Lo scopo era nobile (raccogliere fondi per la lotta alla leucemia), ma la loro iniziativa fece scalpore. Grazie all’improvvisa e inaspettata fama, riuscirono però nel loro intento. Anzi fecero molto di più. «Furono straordinarie. Speravano con il loro calendario di comprare un divano, finirono per costruire la nuova ala di un ospedale».
Angela Finocchiaro, è la terza volta in sei anni che torna a esibirsi alle Arti di Gallarate. Cosa la lega a questo teatro e alla sua città?
«Ho scelto di vivere in Toscana, ma sono e resto profondamente milanese. Tutto ciò che è attorno a Milano per me è di famiglia. Venire a Gallarate, dunque, è un po’ come essere a casa».
Impossibile allora non chiederle un commento sulle palme e i banani in piazza Duomo.
«Credo proprio che ci siano cose molto più importanti per le quali varrebbe la pena scandalizzarsi. Mi hanno davvero stupito alcune reazioni, per non parlare della palma bruciata, un atto semplicemente vergognoso. Sono reazioni che non fanno parte di una città dal respiro europeo».
Qual è invece lo stato di salute della comicità milanese e, più in generale, lombarda?
«Credo che le nuove generazioni dovrebbero darsi seriamente da fare, perché dalla comodità non nasce mai nulla. Magari ci sono buone copie, ma è un po’ poco. Chi sceglie questo mestiere non lo fa soltanto perché sa essere spiritoso. Chi fa ridere è chi sa profondamente di essere a disagio. Essere un comico significa vivere la realtà per poi restituirla al pubblico con il suo modo diverso di interpretarla. A volte serve un’illuminazione, per trasmettere con una risata ciò che in altro modo non riusciremmo a vedere».
Cosa ci dice di “Calendar Girls”? È una sorta di “Full Monty” al femminile?
«Il bello di questo spettacolo è che nasce da una storia vera. Celebriamo il coraggio di un gruppo di donne e in particolare della protagonista che, dopo la morte di suo marito di leucemia, convinse le amiche in un’iniziativa che in Inghilterra fece davvero scandalo».
E lei non ha avuto alcun timore a dover stare nuda sul palco?
«No, sinceramente avevo molta più paura a dover affrontare una tournèe con dieci persone, non ne ero abituata. Si rischiava un vero porcaio, perché sul palco possono nascere degli odi che uno nemmeno si immagina. E invece più giriamo l’Italia e più siamo legati. La risposta del pubblico è magnifica, tant’è vero che continueremo anche l’anno prossimo, che sarà il terzo».
E poi?
«E poi sto lavorando con Walter Fontana per il prossimo spettacolo, ma è talmente indietro che non posso dire nulla».
Nemmeno un’anticipazione?
«Vi svelo il tema. È il mito del labirinto. Ma ho già detto troppo».
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