IL PERSONAGGIO
Il campione azzurro presenta il suo libro, distribuisce autografi e raccoglie applausi
«Lui è lo zar. Lo conoscete?» Inizia così il lungo incontro con Ivan Zaytsev, arrivato nel tardo pomeriggio di ieri, lunedì 6 giugno, al PalaYamamay per presentare il suo libro, “Mia”.
Una scelta per nulla casuale quella del palazzetto di viale Gabardi, luogo molto caro all’opposto di Perugia che gli ha dedicato anche un capitolo della sua opera raccontando le mille emozioni del match dello scorso 22 febbraio tra Revivre e Sir Safety.
«Se il nostro pubblico è speciale, qui lo è ancora di più», scrive a proposito del PalaYamamay, affollato ieri da circa duecento persone di tutte le età, accorse per un autografo, una foto ma soprattutto per scoprire la storia della sua vita: stringata, condensata in capitoli ma ricca di aneddoti, gag, parole importanti e un urlo, l’urlo di Ivan.
Ragazzine e adulti ascoltano in religioso silenzio lo zar, gli occhi sono puntati tutti su di lui che col suo accento romano ed il suo fare istrionico sa raccontarsi in maniera esemplare.
L’elenco delle domande è lunghissimo ma il biondo giocatore dall’inconfondibile cresta (a proposito, sapete che nessuno gli può toccare i capelli o consigliargli come tagliarli?) accetta di buon grado l’interrogatorio. Ma prima di concedersi al pubblico si racconta in esclusiva al nostro giornale.
Come mai hai voluto farti conoscere attraverso un libro?
«Tante persone vedono solo il prodotto finito, il giocatore in campo ma non sanno quello che c’è dietro e così ho deciso di raccontare la mia vita».
Perché hai scelto il taraflex del PalaYamamay per presentarlo?
«Questo è un posto speciale per me, un ambiente che sento mio. Ho ancora vivo il ricordo del quarto di finale degli Europei vinto qui nel 2105 contro la Russia con dei tifosi fantastici ed un match finito con tanto di giro di campo. Gasarsi davanti ad un pubblico del genere è sempre bellissimo, mi dà una enorme energia ed è un piacere giocare in un ambiente così. In quella occasione ho ricevuto davvero tanto calore e spero di averne dato altrettanto».
Meglio un tour dell’Italia per promuovere il tuo libro o un raduno con la nazionale?
«In questo periodo cerco di stare più lontano possibile dal volley anche se un po’ mi manca. Dopo 7 anni senza mai fermarmi sentivo il bisogno di recuperare energie fisiche e mentali. Tra un mesetto però raggiungerò i miei compagni per preparare gli Europei».
Com’è cambiata la tua vita dopo quell’incredibile ace nella semifinale olimpica contro gli Stati Uniti?
«122 km/h, riga esterna, presa di merda: ero convinto uscisse. Lì per lì non me ne sono reso conto ma una volta rientrato in Italia ho capito che era successo qualcosa di particolare. Era cresciuta l’attenzione per il volley anche per merito di una medaglia d’argento per la quale sto ancora rosicando. Abbiamo fatto appassionare la gente ed io sono diventato il personaggio simbolo di quel meraviglioso gruppo».
E l’eterno dilemma tra posto-2 e posto-4?
«Sembra quasi “Beautiful”. Nel ruolo di opposto ho ottenuto le mie vittorie più belle ma passare in banda mi ha dato nuovi stimoli. Darò il massimo in questo ruolo ma non nascondo che giocare opposto mi manca».
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