Nucleare
Nucleare Iran, minaccia all'accordo arriva dai repubblicani Usa
Potrebbero fermarlo in Congresso o con il prossimo presidente
New York, 15 lug. (askanews) - "Uno dei peggiori fallimenti diplomatici statunitensi", "un accordo pericoloso, pieno di difetti, miope", che accorda "concessioni a un regime che ha sangue americano sulle sue mani". Questi, nell'ordine, sono stati i commenti immediati di Scott Walker, Jeb Bush e Marco Rubio, i tre principali candidati alle primarie repubblicane - in vista delle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo anno - dopo l'accordo sul programma nucleare iraniano raggiunto dall'amministrazione Obama.
Questo è il clima in cui il Congresso statunitense, a maggioranza repubblicana, si prepara a vivere i 60 giorni a disposizione per valutare e votare l'accordo. I repubblicani non hanno intenzione di cedere facilmente a quella che tutto il mondo ha giudicato come una vittoria diplomatica di Barack Obama, presidente degli Stati Uniti e Nobel per la pace, grazie a un accordo che, nelle sue intenzioni, allontana la minaccia di un conflitto militare e la corsa alla proliferazione nucleare, con conseguenze imprevedibili in una regione instabile come il Medio Oriente.
Chiaro, da subito, il leitmotiv, messo su carta dallo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner: "L'accordo con l'Iran alimenterà nel mondo la corsa alle armi nucleari". "La Camera - ha scritto Boehner in una nota pubblicata dopo il discorso di Obama - analizzerà ogni dettaglio di questo accordo molto da vicino; io non sosterrò alcun accordo che metta a rischio la sicurezza degli americani e di tutti coloro che danno valore a libertà e sicurezza".
Obama ha già avvertito il Congresso di essere pronto a mettere il veto per salvare l'accordo, ma il presidente preferirebbe non ricorrere alla prerogativa presidenziale e veder rafforzata l'intesa con Teheran da un parere positivo delle due Aule. Per affossarlo, le due Camere devono votare con una maggioranza dei due terzi contro l'accordo sul nucleare iraniano; questo significa che, con un fronte compatto di tutti i repubblicani per superare il veto di Obama, servirebbero comunque i voti di 44 democratici alla Camera e di 13 democratici in Senato. Nonostante qualche preoccupazione espressa dai democratici, come per esempio l'influente senatore di New York, Chuck Schumer, soltanto uno, Bob Menendez del New Jersey, ha annunciato la sua opposizione. Non c'è dubbio che lo scontro sull'Iran sarà un argomento di campagna elettorale, con cui i repubblicani sperano di creare divisioni all'interno del partito democratico.
Anche per questo, si è già mossa Hillary Clinton, al momento senza rivali credibili nella corsa alla nomination democratica verso la Casa Bianca. L'ex segretario di Stato ha lodato l'accordo e ribadito che "il messaggio all'Iran deve essere forte e chiaro: non permetteremo mai che abbia un'arma nucleare". Come presidente, ha aggiunto, sfrutterebbe l'accordo per mantenere al sicuro gli americani. A parte le dichiarazioni pubbliche, sottolinea il New York Times, Clinton ha espresso privatamente il proprio sostegno all'accordo ai democratici che siedono in Congresso, allo scopo di compattare il partito ed evitare (troppe) voci critiche.
Clinton, se eletta presidente, seguirebbe il percorso tracciato da Obama. E se vincesse un repubblicano? La domanda non è delle più banali, a cui ha risposto chiaramente, ieri, un ex consigliere influente di Obama, Dan Pfeiffer, centrando un possibile grave problema per l'accordo sul nucleare: nessuno dei candidati repubblicani, se dovesse arrivare alla Casa Bianca, porterebbe avanti l'intesa con Teheran, causando un grosso danno alla reputazione e all'immagine degli Stati Uniti, oltre che alla stabilità mondiale.
Il prossimo presidente degli Stati Uniti potrebbe cancellare, in un attimo, il lungo e complesso accordo trovato dopo anni di scontri e venti mesi di trattative? Non trattandosi di un trattato, ma di un accordo politico, i candidati che finora hanno minacciato di cancellarlo avrebbero, se eletti, l'autorità per mantenere la promessa, usando il potere esecutivo presidenziale per imporre nuovamente, contro l'Iran, le sanzioni statunitensi sospese e per bloccare l'attuazione dell'accordo. Con conseguenze, però, difficili da immaginare.
Un'alternativa più 'politica', per un presidente repubblicano, sarebbe quella di non agire immediatamente, ma di aspettare di poter accusare l'Iran di non aver lasciato agli Stati Uniti altra scelta che quella di rinnegare l'accordo. Un'altra possibilità sarebbe quella di imporre, con l'aiuto di un Congresso a maggioranza repubblicana, nuove sanzioni all'Iran non per il programma nucleare, ma per esempio per presunte attività di sostegno al terrorismo, spingendo verso la rottura i rapporti tra Washington e Teheran. In questi casi, l'obiettivo di cancellare l'eredità di Obama potrebbe non essere raggiunto prima di molti anni.
© Riproduzione Riservata