Cina
Nuova Via della Seta cinese, Tsugami: europei non abbiate fretta, ci vorrà tempo per i risultati
Un incontro a Roma organizzato da IAI-Ambasciata del Giappone
Roma, 22 nov. (askanews) - L'Iniziativa cinese "One Belt One Road" per la riapertura delle Vie della Seta euroasiatiche è un progetto che richiede tempo e che parte da presupposti oggi più realistici, rispetto a strategie simili che in passato sono state messe in campo da Pechino dal 2000 in poi. È questa l'originale analisi presentata oggi da Toshiya Tsugami, uno dei più importanti studiosi giapponesi di Cina in un incontro organizzato oggi a Roma dall'Istituto affari internazionali e dall'Ambasciata del Giappone, al quale hanno preso parte anche Paola Paderno dell'Orientale di Napoli e Silvia Menegazzi della Luiss.
"C'è un grande fraintendimento sulla strategia Belt and Road. In realtà è iniziata attorno al 2000, con altri nomi e altre istituzioni. Con Xi Jinping da 2014 la Cina ha adottato un approccio più prudente e gestibile. Perché la scena c'è un crescente risentimento pubblico in Cina contro questi investimenti e prestiti all'estero", ha spiegato Tsugami. "Quel che voglio dire agli amici europei - ha aggiunto - è: non abbiate fretta nell'avere risultati, ci vuole tempo".
Tsugami ha evidenziato come la capacità del presidente cinese di rafforzare il suo potere politico e diplomatico non ha corrisposto ancora a una linea univoca sul piano della politica economica.
Xi, nella visione di Tsugami, "ha instaurato un forte controllo sull'esercito, anche attraverso un'importante riforma militare e questo ha allargato lo spazio per una politica estera moderata, sconfiggendo i falchi nell'esercito. Ha allargato gli spazi di manovra diplomatica".
Sul fronte della politica economica, però, "non ha ancora preso una linea decisa, perché ci sono esponente molto orientati alla riforma, ma se si conta il numero di persone nel regime che è d'accordo sono molto limitati". Anche perché al momento la situazione economica del paese presenta una "doppia fotografia", nella quale una vecchia economia rappresenta la parte in contrazione, ma che nel 2016 ha avuto un rimbalzo, e la nuova economia - basata sull'IT, e sulla ricerca e sviluppo - la parte più dinamica.
La Cina ha finanziato la sua crescita con una bolla degli investimenti. Secondo le proiezioni Fmi, ha spiegato Tsugami, il rapporto tra il debito complessivo della Cina (governo, aziende e famiglie) e il Pil rischia di arrivare nel 2022 al 300 per cento. Questo, secondo il Fmi potrebbe portare a un hard landing. Ma lo studioso giapponese non la pensa allo stesso modo. "Comparando Cina e Giappone la mia impressione è che la Cina stia seguendo sempre più la traiettoria seguita dal Giappone", che non ha avuto un hard landing ma un lungo rallentamento, ha spiegato Tsugami. "La mia analisi - ha proseguito - è che la Cina non avrà crolli improvvisi, ma i cinesi devono chiedersi se vogliono avere la stessa esperienza del Giappone".
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