ALLA SCALA
Omaggio a re «Artù» Toscanini
L’universo musicale di Arturo Toscanini, direttore sommo e uomo impossibile, è ricostruito fedelmente al Museo Teatrale della Scala di Milano, in una mostra in cui, grazie alla tecnologia e al materiale fornito dall’Archivio Ricordi, si può salire su un palco virtuale e mettersi a dirigere come lui, davanti all’orchestra schierata.
Toscanini, parmigiano d’Oltretorrente, nacque 150 anni fa e morì nel 1957 nella sua casa americana di Riverdale, dopo una vita di direttore - si ritirò a 87 anni - prima di opere liriche quindi del repertorio sinfonico, meno faticoso e più redditizio.
«Arturo Toscanini. La vita e il mito di un maestro immortale», titolo anche del libro di Marco Capra a corredo, pubblicato da Rizzoli con il sostegno di Salini Impregilo, conduce il visitatore a conoscere la vita trionfale di «Re Artù», come lo soprannominò Aida Mainardi, una delle sue amanti, tra memorabili direzioni, tra cui le «prime» di «Pagliacci» di Leoncavallo, le pucciniane «Bohème» e «Turandot» e il «Nerone» di Boito, e furibonde litigate con orchestrali, compositori e impresari. Raccontano i biografi che un giorno la grande soprano Geraldine Farrar, sua amante in carica, lo apostrofasse durante una prova al Metropolitan chiamandolo per nome, al che Toscanini rispose: «Arturo a letto, qui Maestro».
La mostra è curata dal più importante biografo toscaniniano, l’americano Harvey Sachs, autore di una prima biografia nel 1981 e di una seconda che in Italia uscirà nel 2018 per il Saggiatore, e da Franco Pulcini, responsabile editoriale del Teatro alla Scala, e dà molto spazio a grandi pannelli fotografici in cui passa la vita di Toscanini (ripresa anche in un video), ritratto in età diverse, in famiglia e con gli amici e nel memorabile concerto tenuto l’11 maggio 1946 nella Scala ricostruita dopo i bombardamenti.
«È una mostra pensata soprattutto per i giovani, che non conoscono il maestro e la sua arte direttoriale. Ci sono le registrazioni di numerose prove d’orchestra, grazie al touchscreen si può seguire l’esecuzione del suo Falstaff davanti alla partitura elettronica che scorre, non mancano le numerose copertine a lui dedicata da Timee Life, e neppure la locandina dell’ultimo concerto tenuto alla Scala, il 19 settembre 1952», spiega Franco Pulcini.
Toscanini che nel 1931 rifiuta di dirigere «Giovinezza» a Bologna e viene schiaffeggiato dai fascisti, Toscanini che ha un rapporto difficile con l’amico Puccini, che compie tournée massacranti in treno con l’orchestra della Nbc, creatagli su misura in America, si riposa all’isolino di San Giovanni sul lago Maggiore, o dirige, primo maestro di scuola non tedesca, al Festival di Bayreuth, il tempio wagneriano.
Un uomo controverso, dal carattere fiero e tagliente come il diamante, ma padre e nonno affettuoso, collezionista d’arte - tra i suoi pittori preferiti c’erano l’amico Vittore Grubicy e Federico Zandomeneghi - ed esecutore attento alla volontà del compositore. «Re Artù» ebbe tre figli, Walter, tra i fondatori di Bottega di Poesia, uno dei più importanti ritrovi intellettuali negli anni ‘30 milanesi, Wanda, sposata a Wladimir Horowitz e la bella e capricciosa Wally (il nome fu un omaggio all’omonima opera di Catalani, suo amico fraterno) moglie del conte Emanuele Castelbarco, unione osteggiata da Toscanini per la grande differenza d’età tra i coniugi.
Di Arturo, piccolo e nervoso, con il perenne Borsalino a tesa alta per aumentare un poco la statura, rimangono le incisioni americane, quasi tutte sinfoniche, e qualche 78 giri «italiano» con ouverture di opere liriche. Un testamento importante, per anni palestra d’ascolto per legioni di aspiranti direttori.
«Arturo Toscanini. La vita e il mito di un maestro immortale» - Milano, Museo Teatrale alla Scala, fino al 4 giugno tutti i giorni ore 9-17.30, info 02.88791.
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