LA SENTENZA
Vigile killer, casa sequestrata
Per risarcire il figlio di Laura Prati, Giuseppe Pegoraro condannato a sborsare 355mila euro. Anche l’Inail dovrà pagare la famiglia
Nemmeno la casa rimarrà a Giuseppe Pegoraro, l’ex vigile che ammazzò il sindaco Laura Prati. Il giudice del tribunale civile Elena Masetti Zannini ha condannato l’imputato a risarcire al figlio di Laura, Massimo Poliseno, con una somma di 355mila euro, più una serie di spese legali accessorie. Concorrerà a questa somma la quota di immobile di Pegoraro, un alloggio a Busto Arsizio, in via Palestro, dove il dipendente pubblico abitava.
Certo, il ragazzo - assistito nella causa dall’avvocato Cesare Cicorella - non compenserà la perdita della mamma col denaro. Ma è il principio che conta, «poiché sussiste un danno non patrimoniale che consiste nella perdita del rapporto parentale, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della solidarietà che caratterizza la vita familiare quantomeno nel suo nucleo essenziale», si legge nelle motivazioni della decisione.
Anche in sede civile, quindi, è stata confermata la responsabilità di Pegoraro nella morte di Laura, tesi accusatoria avversata dal difensore Maria Grazia Senaldi, secondo la quale non esiste il nesso eziologico tra i colpi di pistola sparati contro il sindaco il 3 luglio 2013 e il suo decesso, avvenuto venti giorni dopo.
«Alla luce degli elementi analizzati deve ritenersi sufficientemente provato il nesso di causalità», ribadisce il giudice Masetti Zannini.
La sentenza segue a ruota quella d’inizio settembre, pronunciata dalla collega Francesca La Russa, che ha riconosciuto l’omicidio del sindaco come caso di infortunio sul lavoro, accogliendo il ricorso dei Poliseno contro la decisione dell’Inail di respingere la loro istanza.
Pertanto l’Istituto nazionale infortunistico dovrà pagare al marito Pino e ai figli l’indennità temporanea e una rendita come previsto dalla legge in questi casi.
Un pronunciamento importante perché chiarisce un punto fondamentale: anche coloro che espletano funzioni pubbliche elettive, analogamente agli incarichi sindacali, sono tra i soggetti che hanno la tutela assicurativa obbligatoria dell’Inail, che naturalmente copre non solo gli infortuni mortali, ma tutti gli infortuni occorsi nello svolgimento dell’attività assicurata.
Il giudice ha dunque riconosciuto l’esistenza dei presupposti oggettivi, la cosiddetta “occasione di lavoro”, e di quelli soggettivi, l’appartenenza di Laura alla categoria dei lavoratori assicurati che comprende dipendenti, dirigenti e anche parasubordinati: il sindaco svolge funzioni assimilabili e paragonabili a quelle dei dirigenti, quindi sua attività è equiparabile a quella categoria.
Come è noto, a Giuseppe Pegoraro lo scorso aprile la Corte d’assise d’Appello ha confermato la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado dal gup Giuseppe Limongelli.
Nelle motivazioni, i magistrati milanesi avevano indicato un movente politico: «Tutti i documenti rinvenuti in casa di Pegoraro dimostrano che il sindaco e il suo vice erano considerati bersagli per via dell’appartenenza a una determinata forza politica. Tale forza politica era, nel pensiero dell’imputato, responsabile sia delle sue vicende giudiziarie e disciplinari sia della circostanza che lo aveva visto retrocedere da una posizione di comando a quella di subordinato».
La parola definitiva spetterà alla Cassazione.
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