Cina-Iran
Petroliera affondata, corsa contro il tempo per evitare il disastro
Per esperto peggio dell'Exxon Valdez, ma Pechino miminizza
Roma, 15 gen. (askanews) - Le navi cinesi sono impegnate oggi nel difficile compito di evitare un disastro ecologico dopo l'affondamento ieri della petroliera iraniana Sanchi, che per otto giorni è bruciata a circa 300 km da Shanghai.
La nave trasportava 136mila tonnellate di combustibile leggero dall'Iran alla Corea del Sud. Ieri è definitivamente affondato, dopo che un nuovo massiccio incendio si è sviluppato su di essa, facendo innalzare fumo nero per chilometri al di sopea del Mar cinese orientale.
I corpi di tre marinai dell'equipaggio sono stati finora recuperati. Gli altri 29 sono ancora dispersi. Trenta dei marinai erano iraniani, gli altri due provenivano dal Bangladesh. Ormai non ci sono speranze di recuperarli vivi, secondo ufficiali iraniani.
Le operazioni di ricerca, a questo punto, sono state cancellate e sono iniziate quelle di ripulitura, dopo che il fuoco sulla superficie del mare è estinto. Due navi hanno spruzzato agenti chimici con lo scopo di dissolvere il petrolio, ha detto la televisione cinese di stato CCTV.
La chiazza è lunga 11,5 miglia e fino a 4,6 miglia larga. Si trova a est della nave ormai sommersa. Questo vuol dire porterebbe a un'area di operazioni di 50 miglia quadrate (129 km quadrati).
"La ripulitura è uno dei nostri focus. E' anche un'area prioritaria dei nostri sforzi. Nessuno vuole un disastro secondario su ampia scala", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang, precisando che la causa dell'incidente è oggetto d'inchiesta.
Il consulente di disastri ambientali Richard Steiner ha definito l'incidente "il singolo rilascio di petrolio condensato più grande nella storia". E ha aggiunto: "Date le condizioni scadenti della chiglia della nave, dopo una settimana di esplosioni e incendi, è mia convinzione che nessuno dei compartimenti e delle stive sia rimasto intatto e che tutto il condensato e il carburante sia stato rilasciato".
Se anche solo il 20 per cento del carico fosse stato rilasciato in acqua, sarebbe un ammontare all'incirca equivalente a quello dell disastro dell'Exxon Valdez del 1989 al largo dell'Alaska. "Io non sono a conoscenza di altre fuoriuscite di condensato in un ambiente marino più ampie di 1.000 tonnellate e la gran parte di esse è stata meno di una tonnellata", ha precisato Steiner.
Più accomodante la visione cinese. Ieri la televisione di stato ha citato un ingegnere dell'Amministrazione statale oceanica cinese, Zhang Yong, secondo il quale il petrolio leggero avrebbe "un minore impatto nell'oceano" rispetto ad altri tipi di petrolio, e un minimo impatto sugli umani visto che è accaduto molto al largo.
Tuttavia, anche tra gli esperti cinesi, ci sono diverse opinioni. L'affondamento della nave prima che la gran parte del petrolio sia andato a fuoco è "la peggiore condizione possibile", ha spiegato Ma Jun, direttore dell'Istituto per gli affari pubblici e ambientali al giornale Global Times. "L'olio condensato, il tipo di petrolio ultraleggero della Sanchi, è diverso da altri tipi di greggio ed è velenoso per la vita marina", ha spiegato.
Diversamente dal greggio, il condensato non forma la tradizionale macchia superficiale. Invece genera una nuvola sottomarina tossica d'idrocarburi invisibile dalla superficie del mare.
Balene, focene, uccelli marini, pesci e plancton a contatto con questi idrocarburi nel Mar cinese orientale potrebbe velocemente morire o subire "danni sub-letali", come problemi riproduttivi e malattie croniche, ha spiegato Steiner.
"Solo perché non c'è la macchia superficiale, questo non vuol dire che l'impatto sia minimo. Mentre la fase tossica può durare solo pochi mesi, i danni alla fauna potrebbero persistere molto più a lungo", ha detto ancora l'esperto.
(Fonte Afp)
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