LA TESTIMONIANZA
«Picchiata e minacciata col coltello»
Violenza sulle donne, vittima dietro il paravento al convegno: «Così mi sono salvata da mio marito»
«Mi picchiava, sono finita più volte in ospedale, fino a quando mi ha minacciato di morte con un coltello, molestandomi anche con 76 telefonate in un giorno. Ho denunciato e lui è stato arrestato. E l’incubo è finito».
Molestie pesanti, abusi, stalking, violenze che distruggono la vita delle donne. Una piaga che, ancora oggi, colpisce migliaia di persone, anche nel nostro territorio.
Se n’è parlato a Cuveglio durante la serata “La violenza sulle donne non deve vincere”, organizzata dall’associazione No violenza donna, a cui erano presenti un’ottantina di persone, la maggioranza donne, operatori dei servizi sociali e amministratori locali, guidati dal padrone di casa, Giorgio Piccolo, sindaco di Cuveglio e presidente della Comunità montana Valli del Verbano.
Il momento più toccante della serata si è vissuto con la testimonianza di una vittima di violenza che ha coraggiosamente esposto la sua storia di abuso e di denuncia da dietro un paravento, con l’assistente sociale Virginia Bilato che le è stata vicina, in un racconto condotto con sensibilità dalla giornalista della Prealpina Renata Manzoni.
«Dopo sei mesi di matrimonio - ha raccontata la signora - sono iniziati gli episodi di violenza. La prima volta ho pensato che fosse nervoso, poi che fosse colpa mia. Quando mi ha picchiato più forte e ho avuto paura. A quel punto ho denunciato ai carabinieri e sono andata al Pronto soccorso, scappando da lui. Fra l’amore che svaniva e i suoi atteggiamenti sempre più violenti, è iniziata una spirale di abuso domestico, culminato in un coltello puntato addosso e in una giornata in cui ho ricevuto da lui 76 telefonate in poche ore. Tutte con minacce di morte».
E così, finalmente, è scattato l’arresto.
Quindi è entrata in azione la magistratura, rappresentata martedì sera da Orazio Muscato, presidente della sezione penale del tribunale di Varese che ha confermato come «la violenza sulle donne riguarda una buona parte di lavoro a palazzo di giustizia, così come avviene altrove. Fra questi casi vi sono molti episodi di donne e ragazze di origine maghrebina, che hanno abbracciato la vita occidentale e, volendo parità di trattamento con l’uomo, hanno subìto le ritorsioni e la violenza di genitori o mariti. Per la parte più arretrata del mondo nordafricano, infatti, vi è ancora una difficoltà nel comprendere i nostri valori e quindi, purtroppo, si arriva a compiere dei reati».
«In generale - ha aggiunto Muscato - nel caso si fosse vittima di violenza, è fondamentale farsi visitare e refertare al Pronto soccorso per avere dei riscontri documentabili in caso di processo e, visto che la magistratura interviene solo a fatti avvenuti, è importante denunciare subito le violenze, per avviare i meccanismi di protezione da parte delle forze dell’ordine e delle associazioni di sostegno. Oltretutto, dopo una condanna, come avviene nella maggioranza dei casi, le recidive tendono a non accadere».
Il punto di vista psicologico è stato affrontato da Erica Gilardini, psicoterapeuta, che ha ricordato come i “Se non mi vuoi più, ti ammazzo” di mariti e fidanzati aguzzini, sono più frequenti di quanto si pensi e sono anticipati da fenomeni di controllo, ricatti, comportamenti violenti.
«In realtà - ha affermato la psicologa - una donna su tre ha subito una violenza fisica o sessuale nella vita e il 90% delle aggressioni avvengono da persone della cerchia familiare o ai primi appuntamenti. Quando ciò accade, purtroppo, la conseguenza è la compromissione della salute della donna e del suo ruolo nella società e servirà un percorso di recupero per provare a superare lo shock».
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