ENURESI
Pipì a letto, guaio frequente
L’enuresi notturna è un problema tanto diffuso quanto sottostimato: in età prescolare riguarda un bambino su cinque. Tra i 5 e i 14 anni, a soffrine in Italia sono un milione e 200mila. Di tutti questi bambini e adolescenti due su tre non vengono diagnosticati in maniera corretta e di conseguenza non vengono curati come sarebbe necessario.
Ad aggravare la situazione c’è l’omertà di molti genitori che stupidamente non affrontano con decisione e subito questo disturbo del bambino, ritenendo che si tratti di una condizione psicologica, destinata a risolversi con il passare del tempo.
Oggi sappiamo che non è così: malgrado un maggior controllo con la crescita, l’enuresi rimane in età adulta nell’1 per cento dei casi. Un aspetto importante è legato al ruolo del pediatra che dopo il compimento del quinto anno d’età, in occasione di una visita generale, con semplici domande, dovrebbe verificare se il bambino bagna il letto.
La diagnosi è facile e si avvale di strumenti molto semplici, come il calendario delle notti bagnate/asciutte e il diario minzionale.
Un riconoscimento del disturbo è importante per diverse ragioni: la terapia è efficace se tempestiva e mirata; l’enuresi notturna comporta ripercussioni sull’autostima del bambino, con sensi di colpa, calo della resa scolastica e limitazioni nella vita relazionale, in un periodo molto delicato per il suo sviluppo psico-fisico; la permanenza dell’enuresi nel bambino può diventare incontinenza nell’adulto.
La famiglia deve creare un rapporto di fiducia con il pediatra nel percorso di diagnosi e cura. Determinante è il contributo che possono dare a scuola gli insegnanti, una volta informati con la massima discrezione, consentendo al bambino di recarsi in bagno anche durante le lezioni.
Nell’approccio clinico, oltre ad alcuni suggerimenti comportamentali, è determinante il ruolo della desmopressina, analogo sintetico della vasopressina, impiegata da più di trent’anni per l’enuresi notturna, con elevati tassi di guarigione. Spetta comunque al pediatra di valutare il singolo caso e stabilire un piano di trattamento personalizzato. (g.c.s.)
© Riproduzione Riservata