IL CASO
Preghiera islamica: appello al dialogo
Exodus incontra il prevosto. Ora serve un’area
Comunità islamica, amministrazione comunale, Exodus, Chiesa, politica. Gli ingredienti coinvolti rendono l’impasto difficoltoso da amalgamare. Ma la chiave per ottenere un risultato soddisfacente è usare un linguaggio simile. «Più che di congiunzione si deve parlare di comprensione reciproca, perché l’obiettivo è il medesimo». Ne è certo Roberto Sartori, vicepresidente della cooperativa Exodus. Cinque settimane di fila senza un luogo adibito alla preghiera per i fedeli musulmani sono troppi per parlare di basso profilo e di situazione sotto controllo. Bisogna sedersi in modo definitivo al tavolo e trovare una soluzione. Non si sottrae Exodus, sembra non volerlo fare neppure la Chiesa, ma serve attendere che la cottura dell’impasto sia ultimato. Accelerare eccessivamente i tempi porterebbe a farsi del male. C’è da attendere e, passare attraverso il dialogo e gli incontri.
In quest’ottica c’è stato, ieri mattina, 1 aprile, un confronto tra monsignor Ivano Valagussa e Roberto Sartori. «Abbiamo parlato del pranzo di Pasqua, che vedrà la presenza massiccia anche di un gruppo di islamici. Abbiamo fatto due chiacchiere, ma non c’è nulla di certo». Nell’incertezza c’è spazio per ogni ipotesi. Come quelle che ripercorrono le strade del passato, quando proprio la comunità cristiana gallaratese era intervenuta dando un terreno dietro la chiesa di Arnate, durante l’amministrazione Mucci. Ora anche ad Exodus è stato chiesto un intervento, ma i diretti interessati, forse anche per cercare di riallacciare i rapporti, hanno sposato la linea del sindaco Cassani. «Il terreno di via Pacinotti aveva una convenzione scaduta e, né da una parte né dall’altra, si sono fatti passi necessari per rinnovarla. La scelta di chiudere è naturale e insindacabile. Il rispetto della legalità viene prima di tutto».
Serve integrarsi, e aiutare la collettività. «I membri della comunità islamica che vivono qui da più tempo potrebbero spendersi nei confronti dei profughi per coinvolgerli nelle attività della collettività», spiega l’operatore sociale.
L’importante, ancora una volta, è il dialogo. «Non si deve litigare e nemmeno alzare il livello dello scontro. A me non importa nulla dei discorsi di chi dice che da loro non ci permettono di costruire chiese», conclude Sartori. «Sono per una repubblica libera e sto male a sapere che ci siano fratelli che chiedono uno spazio e non lo ottengono. Si faccia fede alla normativa vigente e si trovi uno spazio che rispetti tutti i parametri di sicurezza. Ma troviamo, insieme, una soluzione».
© Riproduzione Riservata