CALCIO E GIUSTIZIA
Pro-Lecco, nuovi veleni
Ricorrono in appello i dieci tigrotti condannati per la rissa in trasferta. E domenica allo Speroni torna una sfida storicamente “a rischio”
Scontro in campo e battaglia in aula: doppio appuntamento per lo zoccolo duro della Pro Patria. Domenica 11 lo “Speroni” ospiterà il Lecco e visti i precedenti l’osservatorio del ministero dell’Interno ha imposto alcune prescrizioni per monitorare eventuali ultrà particolarmente accesi. E intanto il gruppo di tifosi finito a processo per i tafferugli fuori dallo stadio lecchese si prepara ad affrontare i giudici d’appello. Gli avvocati Luca Abbiati, Giovanni Adami e Antonio Radaellihanno infatti impugnato le dieci condanne pronunciate a febbraio, facendo leva sull’anello più delicato delle ricostruzioni della digos, l’assenza di un filmato che riprenda la rissa tra fazioni opposte. In mano agli inquirenti e al tribunale di Lecco c’era soltanto un video e ritraeva esclusivamente i tigrotti, dei lecchesi manco l’ombra. Da qui l’opposizione dei difensori, nel corso del dibattimento, all’acquisizione di quell’elemento probatorio, pervenuto agli investigatori da un informatore confidenziale rimasto nell’anonimato: non essendo un documento ufficiale - osservarono i legali a processo - potrebbe anche essere stato tagliato nei punti opportuni, magari a favore di una parte piuttosto che dell’altra delle tifoserie, per esempio. «La sentenza è ingiusta e illegittima perché basata su una prova patologicamente inutilizzabile», sostiene la difesa. I dieci tifosi erano stati condannati a pene pecuniarie che andavano dai 309 ai 515 euro, ma la loro individuazione era avvenuta solo attraverso quel filmato parziale, ripreso da una sola angolazione e quindi ritenuto dagli avvocati «una fonte di prova inutilizzabile». La consegna di quel dvd chiaramente orientato a favore dei lecchesi aveva acceso un certo malumore tra i supporter biancoblù, l’esito del processo di primo grado non ha fatto che accrescerlo ed è per questo che il match di domenica sarà di quelli particolarmente seguiti dalle forze dell’ordine. I fatti finiti davanti al giudice monocratico Salvatore Catalano risalgono al 13 febbraio 2010: protagonisti quarantatré bustocchi, arrivati in treno dopo avere lasciato le auto alla stazione di Sala al Barro, e cinquantacinque padroni di casa. I tigrotti avrebbero cercato di raggiungere il Bar Stadio, luogo di ritrovo dei blucelesti. Il gruppo di Busto era piuttosto folto, quindi venne immediatamente segnalato dalla polizia ferroviaria alla questura: fu così intercettato e deviato in via Balicco, per essere condotto allo stadio secondo il consueto percorso prestabilito dall’autorità di pubblica sicurezza. Sempre secondo la versione di procura e questura, una cinquantina di lecchesi, percorrendo il passaggio pedonale che taglia gli edifici del Broletto e arriva alla rotonda delle Meridiane, assaltò la colonna di bustocchi a metà del serpentone biancoblù, sorprendendo e spiazzando le forze dell’ordine che lo scortavano in capo e in coda. Gli scontri tra le due fazioni furono inevitabili. Ma a pagare sono stati solo i bustocchi.
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