SERIE D
Pro Patria, nessuna trattativa
Busto, per ora, non si faccia illusioni. «Purtroppo, in questo momento, non c’è nessuna trattativa serrata. Mi ha chiamato l’assessore Alberto Armiraglio per chiedermi quali intenzioni io abbia e, dopo una telefonata di cinque minuti, siamo fermi lì. Poi mi ha contattato un’altra persona per sapere come stiano le cose. Fine. Non mi azzardo neanche a chiamarle trattative, non creo aspettative per adesso ingiustificate». Il riassunto, secco, è di Pietro Vavassori, patron di una Pro Patria in cerca di futuro.
Il proprietario si sente in dovere di intervenire per chiarire alcune cose, «per evitare - dice - che si ripeta quel maledettissimo vizio di ascoltare le chiacchiere al bar e darle per vere». Allora parte. E spiega: «Ho letto che non ci sarebbero sicurezze sulla serie D per la vicenda del calcioscommesse, in realtà mi piacerebbe si sapesse che io non ho mai ricevuto la minima comunicazione su quella storia, a dimostrazione del fatto che i dirigenti non c’entrano, io per primo. Chi ha fatto porcherie ha agito a mia insaputa».
C’entra, semmai, Mauro Ulizio, a cui il patron ha dato le chiavi del team «ma se sono il primo ad ammettere che sia stato un errore, resto anche convinto che quella scelta non sia stata la causa dei mali tigrotti ma la conseguenza di tutte le situazioni pregresse, del fatto di essere stato dipinto come non sono, fino a stremarmi, al punto che quando professionisti stimatissimi mi hanno prospettato un interessamento, io ho aperto le porte senza sapere che poi sarebbero state chiamate in causa certe persone. Ma faccio il camionista, non l’agente della Fbi».
Fatto sta che «detto dell’estraneità totale della dirigenza, i miei legali dimostreranno che noi siamo le vittime di chi giocava a far perdere la squadra». La finestra sull’inchiesta lascia presto spazio alle preoccupazioni sul destino del calcio bustocco. «Ripeto - insiste Vavassori - che per ora di trattative vere non ce ne sono. C’è però da rimarcare che io faccio il tifo affinché qualcuno si faccia avanti, specie se si trattasse di imprenditori del territorio, pronti a difendere questo patrimonio. Io di sicuro il club non lo iscrivo, perché per due anni ho sbagliato e prolungato un rapporto ormai logoro, non ripeterò l’errore. Credo che certe storie finiscano e che auspicabilmente debbano concludersi con una separazione consensuale, senza continuare a vedere materia organica lanciata addosso».
Altro servizio sulla Prealpina in edicola martedì 23 giugno
© Riproduzione Riservata