TERRORISMO
Processo al “foreign fighter” di San Fermo
Tra dieci giorni la prima udienza del rito abbreviato nei confronti di Mahmoud Jrad, arrestato un anno fa
A quasi un anno di distanza dall’arresto, avvenuto all’inizio dell’agosto scorso nel rione varesino di San Fermo, la vicenda del presunto terrorista Mahmoud Jrad approderà davanti al giudice. Il prossimo 5 luglio, infatti, prenderà il via nell’aula bunker davanti al carcere milanese di San Vittore il processo, con rito abbreviato, a carico del 24enne siriano residente a Varese fermato il 4 agosto 2016 mentre, secondo l’accusa, stava organizzando un viaggio per raggiungere la Siria e unirsi alle milizie dell’organizzazione terroristica “Jabhat Al-Nusra”, affiliata ad Al Qaeda. A presentare l’istanza di rito abbreviato era stato alla fine del febbraio scorso il difensore dell’imputato, l’avvocato Luca Bauccio. Proprio il legale, così come annunciato il mese scorso, davanti al gup Ilaria De Magistris potrebbe tenere la linea della parziale infermità mentale: un elemento quest’ultimo, che poggia sulla perizia psichiatrica disposta dal gip milanese Luigi Gargiulo. L’accertamento sulle condizioni mentali del giovane era stato disposto in seguito a un peggioramento delle sue condizioni di salute, dopo essere stato protagonista di alcune manifestazioni delirio, pare arrivando a strappare alcune pagine del Corano: all’inizio dell’anno era stato quindi trasferito dalla sezione “alta sicurezza” del carcere di Rossano Calabro al reparto infermeria del penitenziario di Benevento, dove si trova tuttora. L’accusa mossa al siriano dal pm Enrico Pavone è pesante: arruolamento con finalità di terrorismo. E per un soffio non è finito sotto processo nel Tribunale di Varese: a gennaio infatti il gip aveva stabilito, per competenza territoriale, che il procedimento fosse celebrato davanti alla Corte d’Assise di Varese, fissando già la data del 9 marzo, ma il difensore del giovane aveva presentato richiesta affinché il processo fosse con rito abbreviato.
Jrad era stato arrestato nell’ambito di un’indagine della Dda di Genova e gli atti erano stati poi trasmessi per competenza territoriale a Milano: i poliziotti della Digos di Varese si erano messi sulle sue tracce dopo le segnalazioni arrivate da Genova, dove il giovane aveva iniziato a gravitare nell’ambito della sua formazione religiosa. Disoccupato, di origine siriana ma residente da circa otto anni a Varese, nel suo cellulare gli investigatori avevano hanno rintracciato una serie di documenti riconducibili all’organizzazione terroristica affiliata ad Al Qaeda. Come emerso dalle carte dell’inchiesta, sempre nel telefonino erano stati scoperti anche alcuni file audio provenienti dal fronte di guerra di Aleppo, con indicazioni operative per i mujaheddin che combattono nella città siriana. File in cui si sentivano frasi come: “Combattenti restate coperti nella zona di Aleppo dell’est, i nemici stanno colpendo dall’Est.” E ancora: “Ci sono due elicotteri con mitragliatrice in arrivo nella zona di Aleppo: state in guardia.” Inoltre, come si evince da alcune intercettazioni ambientali effettuate nell’appartamento di San Fermo, da qualche tempo il padre e la madre erano preoccupati per quel percorso di radicalizzazione intrapreso dal figlio. Dal canto suo, Mahmoud ha sempre negato di voler compiere attentati terroristici qui – e questo non gli viene neppure contestato dagli inquirenti – né di volersi recare in Siria come “foreign fighter” ma fin dall’inizio ha sostenuto di voler tornare nel Paese d’origine per raggiungere la moglie che vive là.
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