MILANO
Quel «giovinastro» di Manet
Milano, ospita una mostra alquanto significativa di Edouard Manet (1832-1883), caposcuola dei giovani pittori dell’epoca ed iniziatore della pittura moderna, sino ad assumere un ruolo centrale nella storia dell’arte europea. L’esposizione, prodotta da Mondo Mostre Skira, raccoglie un centinaio di opere provenienti dal Musée d’Orsay, di cui sedici capolavori di Manet ed altre quaranta opere di altri maestri coevi, fra i quali Boldini, Cézanne, Degas, Fantin-Latour, Gauguin, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Signac, Tissot. Alle opere su tela si aggiungono undici disegni e acquerelli di Manet, una ventina di disegni di altri autori e sette tra maquette e sculture.
Manet apprese i primi rudimenti dal pittore Thomas Couture, ma la sua vera scuola fu il Museo del Louvre, dove era attratto da Tintoretto, Tiziano e Velasquez dai quali trasse il gusto per la pulizia del colore e le ampie stesure. Più tardi guardò anche a Goya.
Nel 1863 espose al Salon des Réfusés il celeberrimo dipinto «La colazione sull’erba» che suscitò un enorme scandalo in quanto vi appariva una donna nuda seduta su un prato assieme a giovani in abiti di quel tempo. Il pubblico di allora era abituato al nudo solo nelle scene mitologiche e storiche e un critico parlò dell’artista chiamandolo addirittura «giovinastro».
Con lo stesso sgomento i benpensanti accolsero due anni dopo pure «Olympia», tanto che Emile Zola (che lo difendeva) fu costretto a dimettersi da redattore di un giornale. In realtà, Zola aveva compreso la purezza del dipinto, cioè la larghezza con la quale era concepita la composizione ed il risalto pittorico delle varie parti, messe insieme per ragioni estetiche più che per motivi di illustrazione del tema.
Manet, spirito libero ed autore personalissimo, è sempre stato coerente, tanto che quando l’impressionismo cercò di inglobarlo nel movimento per la sua naturale tendenza al chiaro, non divenne mai membro del gruppo impressionista, non partecipò alle mostre collettive, non abbandonò mai il nero e non ricorse mai alla scomposizione sistematica dei toni in pennellate complementari.
La mostra di Milano dimostra appieno la sua singolarità ed è significativa anche per i numerosi capolavori esposti, di notevole interpretazione e qualità tecnica. Fra i lavori esposti alcuni meritano una particolare segnalazione perché rivelano gli stili compiuti dei diversi pittori: il ritratto di «Rochefort» di Boldini; «Il tempo nevoso» di Gauguin; «Le Tuilieries» di Monet; «Pastorale» di Cézanne, uno straordinario bouquet di Renoir; «Strada di Gennevillers» di Signac.
Tutte pregevoli le tele di Manet, a cominciare dai notissimi: «Il pifferaio», «La cameriera della birreria», «La lettura» e «Il balcone». Ma non va dimenticato neppure il piccolo dipinto «Fiori in un vaso di cristallo» dipinto da un Manet ormai ammalato.
«Manet e la Parigi moderna» - Milano, Palazzo Reale, fino al 2 luglio, ore 9.30-19.30, giovedì e sabato ore 9.30-22.3, lunedì 14.30-19.30; catalogo Skirà.
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