FOTOGRAFIA
Racconto gli orfani della Buriazia
«La fotografia è il modo con cui mi viene più facile raccontare. Amo viaggiare e, oltre a scattare, tengo un diario quotidiano che mi aiuta nella narrazione di ciò che vedo e incontro. La mia non è una fotografia accademica, cerco di andare oltre gli insegnamenti che ho avuto a Brera e nei master, ciò che conta è il messaggio, il mio rapporto con una determinata situazione».
Matteo Spertini, 28 anni, di Laveno Mombello ma da due mesi trapiantato a Milano dove lavora come grafico, ha vinto l’ultima edizione del Premio Riccardo Prina, il concorso fotografico legato al Premio Chiara. E sabato primo aprile al Museo Maga di Gallarate, presentato dall’architetto varesino Riccardo Blumer (che fa parte della giuria del concorso che lo ha premiato) inaugura la sua mostra personale dal titolo «Questo il presidente non lo sa», frutto del suo reportage negli orfanotrofi della Buriazia, una repubblica russa ai confini con la Mongolia.
«Sono rimasto là un anno, ho compiuto il servizio volontario europeo e lavorato in diversi orfanotrofi come animatore. La popolazione ha tratti somatici mongoli, è buddista e ha una cucina del tutto particolare. Con i bambini cercavo di parlare russo, ma lo conosco poco, così ci intendevamo attraverso il linguaggio gestuale e i giochi. Con le persone della mia età colloquiavo tranquillamente in inglese».
Matteo ha vissuto nella capitale Ulan-Ude, sessantamila abitanti, metà russi e metà buriazi, dove il lavoro è soprattutto nel settore metalmeccanico e in quello degli armamenti. «Molti lavorano per l’esercito e nell’industria militare, tutti là cercano di metterti in testa che la Russia è la più grande potenza del mondo e che la popolazione della Buriazia è particolarmente resistente perché temprata dal clima difficile. In effetti la città è circondata da una steppa sterminata e la temperatura rigidissima. Però ho potuto notare positività nei ragazzi e un modo di vivere non lontano dal mio, che sono nato e cresciuto in una famiglia unita e fortunata. Non si percepisce la condizione estrema in cui si svolge la loro esistenza, sono sereni», sostiene Matteo Spertini.
«Il titolo della mostra è una metafora per spiegare come il presidente Putin, che grazie all’intelligence vede e sa tutto, non possa arrivare fin nei recessi degli orfanotrofi buriazi e nemmeno capire l’ottimismo di quei ragazzi, lontanissimi dal mondo che siamo abituati a vedere, perché il loro è un confine fisico e mentale. Al Maga presento 24 scatti, alcuni dei quali sono stati fatti proprio dai bambini. Sono fotografie di reportage che non sarebbero mai pubblicate sulle riviste patinate, frutto dell’istinto e delle emozioni del momento. La loro qualità non è ottimale, in molte il flash è la luce dominante, ma rappresentano il mio modo di esserci».
Nel 2016 Spertini ha pubblicato, con l’antropologo Paolo Grassi e il fotografo Christian Parolari, il libro «L’Europa deporta - richiedenti asilo nella rete del Regolamento di Dublino», e attualmente non ha nuovi progetti fotografici in corso: «vincere il Prina ha rappresentato per me un bel traguardo e il modo per dare visibilità al mio lavoro. La felicità è anche condividere, alla mostra del Maga, un pezzetto della vita dei bambini di Buriazia con chi sa capire il valore dell’amicizia».
«Questo il presidente non lo sa - La Siberia e i suoi orfanotrofi», mostra fotografica di Matteo Spertini - A Gallarate, Museo Maga, via Egidio de Magri 1, fino al 1° maggio da martedì a venerdì 9.30-12.30 e 14.30-18.30, sabato e domenica ore 11-19, ingresso libero, info www.museomaga.it.
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