LA SENTENZA
Rapina sul bus: condannato. E libero
Due anni al diciannovenne che aggredì un ragazzo tra Varese e Buguggiate
Definire la qualificazione giuridica dell’episodio è stato tutt’altro che semplice. E proprio questo punto costituiva il nodo processuale più importante, dal momento che non c’erano dubbi sul fatto che l’imputato - un diciannovenne varesino - fosse stato l’autore del gesto.
Da un lato, il pm Flavio Ricci ha invocato la massima della pena (due anni e sei mesi) contestando in primis il reato di rapina aggravata; dall’altro il difensore, l’avvocato Giovanni Caliendo, ha chiesto di derubricare il fatto in minaccia aggravata.
Ebbene, ieri, martedì 12 settembre, il Tribunale di Varese in composizione collegiale, ha stabilito che si trattò sì di rapina aggravata e porto abusivo di armi, ma ha anche disposto una condanna a due anni e un mese di reclusione, quindi il minimo previsto a fronte dei reati contestati, con conseguente sospensione della pena e revoca dell’obbligo di firma in caserma. Insomma, la sentenza è stata severa ma il giovane non andrà in carcere.
La vicenda in questione risale al febbraio scorso quando, in base alla ricostruzione emersa ieri in aula, a bordo di un autobus di linea diretto a Buguggiate il diciannovenne avvicinò un conoscente, di qualche anno più piccolo di lui, e gli chiese una sigaretta.
A fronte del diniego opposto dal giovane, che motivò la risposta affermando di averne con sé poche, scattò l’aggressione, con lo spintonamento della vittima contro il vetro per prendere la sigaretta. Ma il ragazzino, sempre stando a quanto ricostruito durante il dibattimento, avrebbe reagito, cogliendo di sorpresa l’altro. E a quel punto in mano al diciannovenne spuntò il coltello.
La questione non finì lì: scattarono le indagini e i carabinieri risalirono facilmente al giovane aggressore, che in seguito si disse pentito e risarcì la vittima.
Ieri, nell’aula del Tribunale di Varese, ecco l’ultimo atto processuale. Il pm Ricci ha chiesto una condanna severa, mentre l’avvocato Caliendo la derubricazione del capo d’imputazione o, in subordine, una pena contenuta nei minimi edittali in modo da consentire la sospensione condizionale, come previsto dal Codice penale dal momento che l’imputato è “infraventunenne”, ossia ha più di diciotto anni ma meno di ventuno, appunto. Una richiesta, quest’ultima, che evidentemente è stata accolta dai giudici. La sentenza di ieri ha scritto l’ultima parola sulla vicenda giudiziaria: il difensore del giovane ha affermato che non ci sarà ricorso in Appello.
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