Riforme
Renzi apre su Italicum, minoranza Pd non lo vota: "Non basta"
Premier: avviamo confronto ma in commissione si va dopo il referendum
Roma, 10 ott. (askanews) - La "mossa" preannunciata c'è stata,
Matteo Renzi ha fatto un ulteriore passo in direzione di chi
chiede di modificare l'Italicum, ma le aperture del premier non
bastano alla minoranza Pd che, seppure con toni diversi, chiede
al leader una proposta concreta già "nei prossimi giorni". Un
distinguo non da poco, perché Renzi ha invece rinviato a "dopo il
referendum" la calendarizzazione della questione in commissione
Affari costituzionali, limitandosi nell'immediato a promettere un
sondaggio degli altri partiti affidato ad una delegazione Pd
nella quale entrerà anche la sinistra del partito. Non a caso, la
minoranza non partecipa al voto finale sulla relazione del leader.
I toni, come spesso accade, non riflettono appieno la tensione
che dilania il partito. Il leader riserva solo qualche frecciata
alla minoranza ("Ho letto una girandola di interviste il giorno
prima della direzione per dire no"), Gianni Cuperlo e Roberto
Speranza replicano dicendo che ancora non basta, ma rinviano lo
scontro finale. Una partita a scacchi, nella quale non è semplice
distinguere la tattica dalla strategia.
La proposta di Renzi prevede, appunto, una delegazione Pd
composta dal vicesegretario Guerini, dal presidente Orfini, dai
capigruppo Zanda e Rosato e anche dalla minoranza. Nella replica
finale il leader ha fatto capire che la sinistra Pd ha chiesto di
avere due rappresentanti nella delegazione. Il compito, per
Renzi, dovrebbe essere innanzitutto quello di sondare le
posizioni degli altri partiti perché "il vero oggetto del
contendere è se c'è o non c'è una maggioranza fuori dal Pd per
cambiare la legge. Perchè da soli non ce la facciamo". Per dirla
con un uomo della segreteria, "prima del referendum Fi e M5s non
accetteranno niente". Nel merito, Renzi ha detto di essere pronto
a discutere di tutto: non solo del modo in cui vengono scelti i
parlamentari e del dilemma 'premio alla lista o alla coalizione',
ma anche del ballottaggio, "anche se sapete come la penso".
Una posizione che secondo la minoranza rivela un tentativo di
"bluff", un modo per dire: io ci ho provato, ma gli altri non
hanno voluto. Per questo Cuperlo e Speranza rilanciano. "La via
che (Renzi, ndr) ha indicato qui, dal mio punto di vista si è
come arrestata a metà del sentiero, ma è un segnale che voglio
cogliere. Il tema però è se esiste la volontà di ricomporre una
frattura destinata altrimenti a produrre un trauma". Dunque,
giusto andare a vedere se il premier fa sul serio. Poi, se non ci
sarà un'intesa, al referendum Cuperlo voterà no e "insieme
comunicherei al presidente della Camera le mie dimissioni da
deputato".
I bersaniani stamattina erano su posizioni più dure: "Quelle di
Renzi sono chiacchiere, a meno che non si impegni ad approvare
una nuova legge prima del referendum noi votiamo no", diceva uno
di loro. La posizione di Cuperlo, però, ha indotto anche Speranza
e l'ex segretario a un rilancio: "Se vogliamo cambiare davvero
l'Italicum dobbiamo mettere in campo un'iniziativa del Pd, con la
spinta del governo. Penso che la proposta che hai fatto oggi non
sia sufficiente". In più, l'assicurazione: "Io vorrei che questo
partito restasse unito, è il partito in cui credo". E dopo la
Direzione dalla minoranza spiegano: "Siamo sempre verso il No, ma
se questo comitato dovesse fare il miracolo, valuteremmo il
miracolo".
E' quindi prevedibile che la minoranza porrà subito, nella
delegazione che verrà costituita, il tema di fissare una nuova
proposta Pd. Su questo è intervenuto Dario Franceschini, cercando
una mediazione: "Lavoriamo su correzioni dell'Italicum
non su nuovi modelli. E tempi brevi, giorni, non per approvare la
legge, che si farà dopo il referendum, ma per trovare un'intesa
nel partito". Insomma, nessuno pensi di azzerare l'Italicum, ma
Renzi accetti di arrivare a una convergenza almeno nel Pd prima
del referendum.
Renzi su questo punto specifico, nella replica, è rimasto vago,
non ha escluso che il Pd possa fissare una posizione "in tempi
brevi" come chiesto dalla minoranza e da Franceschini, ma poi ha
avvertito: "Si può costruire l'unità del Pd e poi costruire il
consenso fuori, ma abbiamo fatto i miracoli in questa legislatura
per riuscirci. Chi dice facciamo l'accordo nel Pd e poi cambiamo
la legge, nega la realtà dei numeri". Il premier, però, ha
aggiunto: "E' necessario trovare un punto di caduta comunque vada
il referendum. Noi siamo per farlo". E un ex Dc in Transatlantico
oggi, prima della direzione, pronosticava: "Finirà con
l'abolizione dei capilista bloccati e il premio di maggioranza
allargato alla coalizione. E se la sinistra se ne va, vorrà dire
che il Pd si allargherà a nuovi alleati di centro...".
Adm/Rea/Afe
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