GUAI GIUDIZIARI
Riccardo Bossi alla sbarra
Il primogenito del senatùr accusato di truffa: regali di Natale per 27mila euro acquistati e mai pagati in una nota gioielleria del centro di Busto
Alla fine, per cercare di prendere ancora tempo invece che mettere mano al portafoglio, il giovane Riccardo Bossi tirò in ballo anche papà Umberto. Annunciò una sua imminente visita alla gioielleria di piazza San Giovanni che tanto gentile era stata nei suoi confronti, aprendogli un credito di 27mila euro sotto forma di un Rolex Daytona in acciaio e oro bianco, ma pure di anello e girocollo Bulgari sempre in oro ma rosa: tutta merce che aveva portato via senza pagare. Ma ormai i Ceccuzzi, storica famiglia di commercianti che in provincia fa rima con preziosi, avevano finito la pazienza e, per ottenere il dovuto di quella spesa natalizia effettuata dal noto cliente (il primogenito del Senatùr), decisero di rivolgersi al tribunale.
E ora Riccardo Bossi dovrà rispondere dell’accusa di truffa pluriaggravata ai danni della gioielleria in un processo che si celebrerà a partire dal 28 settembre 2016, nell’udienza che nelle scorse ore è stata fissata a suo carico. Con un capo d’imputazione pesantissimo per il discendente del fondatore della Lega Nord, perché l’ipotesi di reato viene accentuata dal fatto che Riccardo è recidivo e che il danno patrimoniale cagionato agli esercenti bustocchi viene considerato di «rilevante entità», al punto che si procede d’ufficio e non sarebbe possibile neanche un ritiro della querela per stopparlo. Non che i Ceccuzzi paiano disposti a transigere per quanto successo lo scorso dicembre, quando al loro negozio del centro si palesò - presentato da una persona di fiducia, comunque estranea alla vicenda giudiziaria - il rampollo dell’Umberto per fare acquisti. Regali di Natale speciali quelli che il trentaseienne padano e pilota di rally decise di fare e di farsi, puntando su gioielli e griffe di alta gamma. Da Busto se ne andò con dei ricchi pacchetti. E con un prezzo pattuito da pagare a stretto giro di posta: 26.480 euro.
È a quel punto che, stando all’accusa, iniziarono i rinvii e le rassicurazioni, anzi «gli artifizi e i raggiri». Prima mail in cui si preannunciava l’imminente bonifico, poi la richiesta di qualche giorno di tempo giusto per rientrare dalle vacanze, ancora l’invito a contattare un direttore di banca, ma pure il caposcorta e la segretaria del padre per regolare la faccenda, anche se ai numeri telefonici forniti costoro risultavano irreperibili. E ancora ecco l’asso di uno sbarco in gioielleria dello stesso Umberto per ammirare e saldare, quindi il tentativo di pattuire il pagamento tramite assegni mai visti, anzi sostituiti con improbabili cambiali.
Fatto sta che, gira e rigira, Bruno e Alessandra Ceccuzzi quel denaro non lo hanno mai ricevuto. Si sono invece rivolti ai loro avvocati (Federico Consulich ed Elio Giannangeli) ed hanno avviato un contenzioso - divenuto a un certo punto di dominio pubblico - che, esaminato dal pm Francesca Parola, nelle scorse ore ha preso le forme di un processo che comincerà in Tribunale a Busto fra un annetto.
Nel frattempo, a quanto risulta, anello e girocollo sono stati regalati all’allora fidanzata di Riccardo, mentre il costoso orologio sarebbe stato usato come saldo a pareggio di un debito. Insomma, neanche la restituzione è una strada risultata percorribile. A questo punto toccherà ai giudici valutare la spinosa vicenda. L’ennesima che vede la famiglia Bossi in mezzo ai guai.
© Riproduzione Riservata