INCENDIO DEL 2013
Rogo al Maga, il Comune non c’entra
Assolto con formula piena il capo ufficio tecnico, ma il titolare della ditta e i due operai andranno a processo
Quattro anni di attesa sono valsi a qualcosa: ieri mattina il capo dell’ufficio tecnico Arcangelo Altieri è stato assolto dal gup Luisa Bovitutti con formula piena, in sintonia con la richiesta del pubblico ministero. Non ebbe alcuna responsabilità per l’incendio scoppiato al Maga a San Valentino del 2013, come ha sempre sostenuto il suo avvocato Cesare Cicorella che a supporto della sua tesi ha prodotto una consulenza che toglie ogni dubbio sul ruolo di Altieri in quella vicenda. Il funzionario comunale - che quel giorno non era neppure al lavoro - è dunque uscito dal processo, ma la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa. Gli altri tre imputati, ossia il legale rappresentante della società che stava svolgendo i lavori sul tetto del museo e i due operai che manovravano il cannello da cui partì la scintilla, andranno a dibattimento. Il Maga, assistito dall’avvocato Luca Abbiati, sta valutando la costituzione di parte civile.
D’altro canto la perizia disposta dal pm Francesca Parola prima di chiudere le indagini concludeva con questa convinzione: «Le cause dell’incendio al Maga sono da attribuire all’uso improprio del cannello a gas liquido da parte dei dipendenti dell’impresa Raso». E solo con l’istruttoria si potranno delineare le cause di quella incredibile devastazione.
Secondo la procura le cose andarono così: dalla copertura della galleria d’arte moderna penetravano infiltrazioni. Vennero quindi avviati i lavori di manutenzione. Appurato che le perdite d’acqua dipendessero da una guaina impermeabile che s’era distaccata da una parete vicina al locale del terzo piano, i due dipendenti dell’impresa intorno alle 14.30 di quel gelido giorno di inverno si erano messi all’opera sul tetto coperto di ghiaccio. Uno, con una scala a pioli appoggiata al davanzale della finestra, era passato sul livello della gronda della falda, l’altro nel frattempo gli passava gli attrezzi, compreso il cannello collegato con un tubo di gomma alla bombola del gas rimasta nel locale stesso. Per precauzione nel locale era stato collocato un estintore. Mentre il primo operaio era intento a fondere la guaina, il collega vide il fumo uscire dalle connessioni tra il colmo del primo padiglione e la copertura. La fiamma ossidrica venne subito spenta e riportata nel locale, poi partirono i tentativi di domare l’incendio, ma fu tutto inutile. Si scatenò un inferno, fiamme e fumo si riproducevano senza sosta, i vigili del fuoco rimasero sul posto tutta notte e la mattina seguente. Uno spettacolo visibile a decine di chilometri di distanza. Per fortuna non vennero registrati feriti né intossicati, nonostante moltissimi studenti fossero al museo per studiare. Uno, addirittura, aveva un esame universitario l’indomani, ma appunti e libri vennero divorati dal fuoco. Neppure le opere d’arte vennero distrutte, portarle in salvo però non fu semplice e qualcuna comunque rimase danneggiata.
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