A MENDRISIO
Roma città eterna
Alabastro fiorito della Turchia, serpentino verde, lumachella d’Egitto, basanite nera come il piombo, porfido rosso, marmo bigio greco, giallo antico o pavonazzetto striato, breccia d’Aleppo grigia con riflessi turchini: chi pensa che la scultura classica sia tutta bianca, di luminoso marmo di Carrara («marmaion» significa risplendere e indica il luccicare del mare), avrà modo di ricredersi visitando la bella mostra del Museo d’Arte di Mendrisio. È di alabastro verde (un materiale durissimo e fragile nello stesso tempo, complicato da lavorare) la vestale di età imperiale cui nel Seicento furono aggiunti il volto e le braccia di bronzo, mentre il colore scuro del marmo Bigio antico conferisce terribilità alla testa romana di Serapide.
Sono sessantacinque i pezzi esposti per l’occasione, tutti provenienti dalla collezione di Dino ed Ernesta Santarelli, ospitata nella villa Lontana sulla Cassia; una raccolta che ha il suo nucleo iniziale nella scultura romana classica, ma che spazia fino al barocco e al neoclassicismo. Sempre nel segno di Roma.
Ed è proprio il fascino inesauribile della Città Eterna e della validità senza tempo della lezione dell’Antico il filo conduttore dell’esposizione curata dal Museo d’Arte di Mendrisio in collaborazione con la Fondazione Santarelli e l’Antikenmuseum di Basilea, dove alcuni pezzi furono esposti nel 2014 con un allestimento shock. Quello di Mendrisio progettato da Mario Botta sceglie invece di valorizzare la preziosità dei materiali scolpiti attraverso piedistalli continui, realizzati in materiale povero, il conglomerato di legno usato per gli imballaggi; il percorso permette di apprezzare appieno i pezzi, suddivisi per aree tematiche (volti dei potenti, divinità ed eroi, immagini religiose o mitologiche, la simbologia del mondo animale) e secondo una presentazione cronologica. Un altro grande pregio è che le opere sono godibili da vicino e a tutto tondo, così che ognuna rivela la propria storia, la sapienza della lavorazione, i solchi ancora vivi della gradina o dello scalpello sul retro.
Si passa dall’impero romano al medioevo, con il recupero programmatico dell’antico alla corte di Federico II (un suo busto ritratto come Augusto, imitato persino nell’acconciatura, troneggia nella prima sala) mentre una testa di leone in porfido (materiale imperiale per eccellenza) proveniente forse da una delle residenze pugliesi rivela il debito dall’antenato egizio plasmato all’epoca di Amenhotep III (1403 a. C.). Nei secoli i materiali non cambiano, così che il porfido prezioso si ritrova in busti quasi caricaturali come nella mozzetta del cardinale Ginetti, opera policroma (il volto è levigato nel marmo bianco Pentelico) dello scultore barocco Alessandro Rondone. Un inedito pastiche del Seicento, una testa romana di Dioniso assemblata su un busto femminile coevo, una veste di marmo rosso così leggero da sembrare seta, è preziosa testimonianza del gusto di un’epoca in cui numerose botteghe si erano specializzate nella composizione di nuove statue con frammenti antichi.
«Roma eterna. Capolavori di scultura classica. La collezione Santarelli» - A Mendrisio (Svizzera), Museo d’arte, fino al 31 gennaio da martedì a venerdì ore 10-12 e 14-17, sabato e domenica ore 10-18, 10/8 euro, info 004158.6883350 oppure www.mendrisio.ch/museo, catalogo edito da Museo d’arte di Mendrisio.
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