L’INTERVISTA
Sacchetti a tutto tondo: «Io, l’azzurro e il futuro»
Meo riflette sui primi giorni al timone della Nazionale
Meo Sacchetti spazia tra l’Italbasket e la sua Cremona all’indomani dell’amichevole di Gallarate che gli ha regalato un altro bagno di folla di giovanissimi dopo quello della Nazionale a Torino. Si parte dall’attualità per ampliare il discorso in chiave azzurra: «Bellissimo clima, complimenti alla società organizzatrice. Avevo molto timore perché nelle amichevoli precedenti contro squadre di A2 avevamo avuto un atteggiamento un po’ molle. Stavolta è stata molto utile ed allenante in vista del campionato. Varese non ha espresso l’aggressività che mette in campo in partita, e ha fatto ruotare tutti gli effettivi di un gruppo che comunque ha ruoli molto definiti».
Capitolo Italbasket: inizio migliore non poteva esserci...
«Erano due partite da vincere e abbiamo fatto il nostro dovere. Sulla carta la trasferta in Croazia era difficile per come si era prospettato l’avvio tra la nostra tensione e la loro voglia di riscatto; poi i giocatori sono stati bravi a giocare come sanno. Merito anche mio? Prendere le qualità dei giocatori e creare il giusto connubio tra potenzialità individuali e insieme della squadra è quello che cerco di fare sempre. La cosa bella è che nel gruppo ci sia molta serenità senza alcuna invidia».
Però la curiosità per la partenza del nuovo corso è stata soddisfatta in maniera ottimale.
«Era importante partire bene e i risultati alimentano la fiducia. Non abbiamo ancora fatto nulla, però c’erano tanti giocatori all’esordio in un ruolo importante e sono stati bravi a sfruttare al meglio l’occasione; l’auspicio è che queste responsabilità che si sono guadagnati siano la molla per fare sempre meglio. E poi la risposta di Torino è stata eccezionale, a conferma della forte identificazione tra la Nazionale e i tifosi».
Intanto è stata apprezzabile la capacità di adattare in corsa quintetti e rotazioni.
«Il gruppo ha dimostrato solidità e coesione: domenica a Zagabria ho iniziato con un quintetto, poi i cambi hanno reso di più; ma tutti hanno incitato e sostenuto i compagni senza guardare chi era in campo e chi in panchina. Il vantaggio è che non esistono gerarchie precostituite: ciascuno ha la chance di mettersi in luce e trovare la sua identità».
Quindi questa Italia delle seconde linee ha vinto e convinto?
«Non esistono seconde linee: per me queste sono le prime. E la cosa più importante è che hanno capito l’entusiasmo che serve per giocare in Nazionale, trasmettendolo a quelli che hanno assistito alle partite. Quando si mette quella maglia e ci sono tanti bambini come venerdì scorso a Torino bisogna farne apprezzare il valore a tutti coloro che magari non la indosseranno mai ma comunque la sognano».
Ora c’è in vista un raduno dei giocatori di A2, si vuole allargare ulteriormente la base di scelta?
«Probabilmente anticiperemo l’11 e 12 dicembre, ci saranno giovani emergenti e atleti dai 23 ai 26 anni per rendermi conto delle loro qualità e valutarli dal vivo. D’altra parte il messaggio che ha dato Ettore Messina chiamando per la prima volta Ariel Filloy a 30 anni è chiarissimo: se ti meriti l’occasione non ci sono vincoli di età per giocare in Nazionale».
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