SICUREZZA
Scontro fra profughi
Tensioni e sassate in via Ranchet tra gambiani e nigeriani. Sul posto le forze dell’ordine e il sindaco Cassani
GALLARATEIl centro di accoglienza per rifugiati della KB srl in via Ranchet, a Madonna in Campagna, è una polveriera che esplode quattro volte in dodici ore. Ieri. La prima: alle 4 c’è un litigio notturno tra chi arriva dal Gambia e chi dalla Nigeria. La seconda: alle 8 la brace prende fuoco e scoppia la megarissa tra i due gruppi etnici, tanto da essere necessario l’intervento di polizia, carabinieri e vigili. La terza: passate le 12.30 la scena si ripete con pugni, calci, spintoni, sediate, bastonate e sassate sempre tra le stesse fazioni, al punto che è richiesta anche l’ambulanza per portare un ferito in ospedale e tornano le forze dell’ordine, oltre a presentarsi pure il sindaco Andrea Cassani e l’assessore Francesca Caruso (Sicurezza) intenzionati a capire cosa stia accadendo dopo l’allarme ormai circolante di social in social e di telefonata in telefonata. La quarta: intorno alle 14.15, quando si pensa che la pace sia raggiunta e gli animi siano calmati, ormai andati via gli uomini in divisa e gli amministratori comunali, ecco che parte un’onda umana contro l’altra, dal cancello verde schizzano in strada pietre, si vedono roteare arnesi vari, le grida salgono, la battaglia interna riprende. Alle 16, finalmente, c’è l’armistizio. Instabile, quasi certamente a tempo, cioè fino a prossima scintilla. Comunque, serve tutta la pazienza del vicequestore Fabio Mondora, intervenuto di persona, per riportare la calma e fare capire ai contendenti che in questo modo non si ottiene l’agognato asilo politico.
Il motivo
Perché è questo il motivo dello scontro. I profughi del Gambia ritengono che quelli della Nigeria siano avvantaggiati nella procedura, con il risultato di entrare in possesso più velocemente dello status ufficiale di rifugiato e del permesso di soggiorno lungo. Convinzione rimbalzata dalla struttura di Busto Arsizio e coltivata tra le mura del centro di via Ranchet. Alla quale si aggiunge l’enorme fastidio dei gambiani per il fatto che intermediazione con l’esterno e mediazione dei litigi interni, anche quelli esclusivamente nel medesimo gruppo etnico (e lì ce ne sono tanti), vengano affidate dalla società di gestione a un nigeriano che conosce sia l’inglese sia l’italiano. Una sorta di referente. Il quale, nel caos di ieri, si confronta con il portavoce degli altri e con le forze dell’ordine.
Il vicequestore
Vera o no l’idea del vantaggio, in un ambiente del genere è praticamente inevitabile che prima o poi scoppi la rissa. Nello specifico con gli originari del Gambia che, di primo mattino, cacciano dalla residenza addirittura gli operatori di KB accusandoli di favorire quelli della Nigeria. Sicché, a metà pomeriggio e bollenti spiriti quasi spenti, le parole del vicequestore Mondora sono provvidenziali. Calmano con la forza della semplice realtà. «Non è che i permessi possano essere stampati tutti in breve tempo», scandisce dalla scalinata d’ingresso rivolgendosi ai contendenti. «Alcuni sono pronti e domani (oggi, ndr) vengono consegnati. Però non viene fatta alcuna differenza tra nigeriani e gambiani». È soltanto questione di burocrazia. Ma soprattutto: «Qui è competente la Prefettura, quindi cacciare una persona è reato. E le vicende penali sono rilevanti per l’ottenimento dell’asilo politico. Qui mangiate e avete un letto per dormire. Ma dovete stare in pace tra voi e fare entrare gli amministratori. Cercate di vivere in sintonia e darvi una mano. Perché in una rissa vengono denunciati tutti». E addio permesso.
Il sindaco
Un’ora prima Cassani non è così accomodante. Parla con i residenti e raccoglie le loro lamentele. Telefona al prefetto Giorgio Zanzi. Poi tira le somme. «Mi ha detto che chiamerà i gestori», sottolinea il sindaco. In qualsiasi caso, senza mettere in pericolo la propria incolumità, se lo volessero, i cittadini potrebbero fotografare chi non rispetta le regole e mandarci le foto. Noi ci daremo da fare affinché siano espulsi». Infine, mentre lascia via Ranchet: «Se questi sono quelli che dovrebbero fare volontariato, siamo a posto».
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