IL COMMENTO
Senz’armatura di squadra, biancorossi fragili
Come un sacco vuoto, del suo prezioso contenuto, smarrito chissà dove. Senza il peso netto, calcolato sul suo valore d’insieme, Varese s’è trovata inevitabilmente con la sola tara, per dire dei limiti dei suoi singoli, di qualità sommariamente inferiori, se presi a uno a uno, ai loro avversari.
Già, dov’è finita la sua proverbiale ed energica compattezza di gruppo?
Sicuramente è rimasta fuori della scena, inghiottita da una notte fonda che s’è attagliata al rendimento dei suoi uomini, subito spogliati dell’ideale e solita “armatura” di squadra, costretti ad affrontare soli e a petto nudo una formazione quotata come Sassari finendo trafitti come tordi.
È un po’ questa la lezione per Varese cui, invece, occorre l’obbligo dell’umiltà, tipica d’una sfidante sempre e intensamente unita nello spirito e arrabbiata nelle rivalse al fine di guadagnarsi ogni volta la pagnotta. Strane velleità non sono ammesse, nemmeno dopo raffiche di complimenti, non essendo una squadra di rango: guai soprattutto a crederlo, irrazionalmente, visti i valori potenziali del proprio organico.
Non solo: ma se questa consapevolezza venisse a mancare si rischierebbe di cadere in disgrazia, com’è accaduto domenica. Nessun biancorosso si offenda, soprattutto chi sa di possedere valori apprezzabili, ma se un giovanottello come Spissu e tale Bamforth - in assenza del titolare Stipcevic - surclassano in valutazione Wells, l’americano più pagato nelle file di Varese, che cosa dobbiamo aspettarci di più se non sperare che, al fianco del play - sin qui complessivamente più modesto che valente - facciano gli straordinari Waller e Hollis per dire di esterni di scuola statunitense i quali contro Sassari sono risultati “persi per le piste”, l’uno impreciso e dannoso, l’altro vagante senza meta.
A evidenziare la pochezza tecnica individuale dei “nostri” basterebbe la prestazione di Polonara che, pur sembrando lì, sul parquet, di mala voglia, ha mostrato il suo eccellente campionario a beneficio della squadra.
Potremmo continuare come nel gioco delle figurine, prevalendo quelle sarde rispetto a quelle biancorosse, sconfinate nel nulla o quasi dopo un fiacco, a dir poco, approccio alla gara, l’esatto contrario degli avversari i quali, attraverso un piano d’azione ben studiato, hanno soggiogato Varese, irretendola per controllarla e dominarla alla distanza in virtù del loro miglior organico. L’anatomia di questa pesante sconfitta, come esito della peggior prova per modalità e sentimento della stagione, pure rispetto a quella pur sconfortante contro Venezia, trova la sua scientifica spiegazione tra le statistiche alla voce valutazione che è finita negli archivi con 107 a 51 per Sassari. Una sentenza lapidaria.
Infine vorremmo capire, come estrema ragione, se Ferrero e compagni nella circostanza abbiano perso la loro straordinaria forza d’insieme per quel po’ di presunzione nel loro subconscio (umanamente capibile) nel sentirsi ciascuno, dopo grandinate di elogi, super e nell’insieme “squadra da battere” e non sfidante per necessità.
Se così fosse, toccherà a Caja riconvertire i suoi uomini a un’orgogliosa modestia, anche se - provocazione a parte - crediamo che siano essi i primi a tornare se stessi, consapevoli della propria realtà.
L’OPINIONE
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