L’INDAGINE
«Sì, ho ammazzato Gennaro»
La confessione del killer di Gennaro Tirino: Calello voleva vendicare la sorella
«Sì, l’ho ammazzato io. Stavamo litigando, Gennaro ha tirato fuori una pistola. Io gliel’ho presa e ho sparato».
La strada giusta era stata imboccata quasi subito, già nel pomeriggio di mercoledì 27 settembre, si era capito che l’assassino di Gennaro Tirino, 38 anni, il pluripregiudicato residente a Castellanza ammazzato in via Tasso con almeno sette colpi di pistola aveva le ore contate.
Ma per costruire un castello accusatorio a prova di bomba il sostituto procuratore Nicola Rossato ha dovuto incastrare una miriade di tasselli, e gli uomini del tenente colonnello Simone Pacioni, comandante del Nucleo operativo del gruppo carabinieri di Monza e del capitano Francesco Cantarella, comandante della compagnia di Legnano, hanno lavorato fin quasi all’alba.
Il fermo
Il fermo di Antonio Calello, meccanico incensurato di 29 anni residente a Legnano, è arrivato poco dopo le tre del mattino. Calello ha ucciso Tirino per vendicare la sorella di 25 anni, da qualche tempo compagna di quest’ultimo. Venerdì scorso la coppia aveva litigato una prima volta: a dividere i due compagni era arrivata la polizia. Domenica il secondo litigio: la polizia era tornata nell’appartamento che i due dividevano e aveva consigliato alla ragazza di presentare una denuncia. Lunedì 25 settembre lei si era presentata in Commissariato e aveva messo nero su bianco le accuse a quel compagno che un po’ violento era sempre stato, ma che ultimamente aveva passato il segno.
Poi era tornata a vivere dai suoi genitori, in una casa di via Torino. Tirino ovviamente non l’aveva presa bene, saputo della denuncia aveva annunciato che se non fosse stata ritirata subito avrebbe fatto un macello.
Mercoledì l’uomo è andato al bar di via Tasso, e quando è uscito ha incontrato Antonio.
I due si sono appartati per discutere, i toni si sono fatti subito violenti.
Secondo una prima ricostruzione che Calello ha fornito agli inquirenti, a un certo punto Tirino avrebbe tirato fuori una pistola semiautomatica e avrebbe cominciato a minacciarlo.
Il meccanico, grande e e grosso almeno quanto il suo interlocutore, non si sarebbe fatto intimidire e strappata l’arma dalle mani del napoletano lo avrebbe colpito più volte.
I testimoni
Decisiva è stata la testimonianza di chi poco prima delle ore 8.38 di mercoledì in via Tasso aveva visto un uomo che saliva su una Ford Focus scura, per poi allontanarsi in tutta fretta. Mettendo insieme tasselli di testimonianze diverse, l’auto è risultata in uso a Calello. Cerca e ricerca, dopo aver passato a setaccio officine e carrozzerie tra Alto Milanese e Basso Varesotto, i militari l’hanno trovata e sequestrata.
Nel frattempo i carabinieri del Nucleo radiomobile della Compagnia di Legnano comandati dal tenente Domenico Cavallo erano già stati nell’appartamento dove abitava Antonio Calello: la perquisizione è stata minuziosa, nelle tasche di un paio di pantaloni sono stati trovati tre proiettili calibro 7,65 compatibili con quelli che avevano provocato la morte di Tirino.
I rilievi scientifici stabiliranno se il trentottenne è stato effettivamente ucciso con una 7,65: per il momento l’arma del delitto non è ancora stata rinvenuta.
La confessione
Convocato in caserma, Calello ha prima tentato di negare ogni coinvolgimento. Poi messo di fronte all’evidenza delle prove che gli inquirenti avevano già raccolto ha telefonato al suo avvocato e ha ammesso di aver sparato, raccontando di averlo fatto per vendicare i torti subiti dalla sorella.
Come ha ricordato ieri il procuratore capo della procura di Busto Arsizio Gian Luigi Fontana, il ventinovenne è stato chiuso in una cella della casa circondariale di Busto Arsizio.
Per lui l’accusa è quella omicidio e sin qui è esclusa l’aggravante della premeditazione.
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