IL LIBRO
Simenon, oltre Maigret c’è di più
L’attenta analisi delle diversità e dell’integrazione in una Francia prebellica è il tema centrale di “La casa dei Krull”, opera dell’autore belga ripubblicata dopo oltre mezzo secolo
Classici si definiscono quei libri il cui contenuto rimane attuale nonostante il passare del tempo.
Che quelli a firma di George Simenon abbiano i requisiti per rientrare nel canone non sono certo io a dirlo, anche se per molto tempo la critica le ha considerate solo come opere di intrattenimento appartenenti per lo più alla categoria dei gialli. Del resto, Simenon è quasi sempre identificato come l’inventore del commissario Maigret e stop.
Non che i romanzi con Maigret protagonista non siano per me assolutamente eccezionali, soprattutto per l’atmosfera che evocano, più che per la trama, certo non all’altezza delle perfette costruzioni dei giallisti puri come Agatha Christie.
Però è dagli altri romanzi che mi pare emerga con maggiore evidenza il valore di classico delle opere di Simenon.
Uno di questi è sicuramente La casa dei Krull, appena uscito in libreria nella bellissima veste grafica della Biblioteca Adelphi (a me fa letteralmente impazzire!), 52 anni dopo la prima pubblicazione italiana con Mondadori.
Il libro è stato scritto alla fine degli anni Trenta ed è ambientato proprio in quegli anni in un paese della Francia del nord sviluppatosi lungo le chiuse di un canale navigabile.
Il tema centrale è quello della diversità, della difficile integrazione di chi è straniero all’interno di una piccola comunità di periferia. Non è un argomento nuovo in Simenon, ma ne La casa dei Krull viene trattato su due livelli: c’è innanzitutto la diversità di Hans Krull, che lascia la Germania per raggiungere i parenti stabilitisi in Francia. E poi c’è la diversità di questi Krull residenti in Normandia, naturalizzati francesi, sì, ma mai davvero integratisi nel nuovo contesto e costantemente oggetto di sospetti e pregiudizi da parte dei locali.
La situazione è sintetizzata dalla lucida analisi che ne fa Hans al cugino Joseph: «Non è perché siete stranieri [...]. È perché non lo siete abbastanza! ... O, forse, perché lo siete troppo...[...] Non lo siete fino in fondo ... Siete stranieri che si vergognano di esserlo, così come siete protestanti che si vergognano di esserlo... Venite a vivere qui e volete fare come la gente del posto... Scimmiottate le usanze locali, pur sapendo che non riuscirete mai a essere uguali a loro... E la gente se ne accorge... [...] Gli altri ce l’hanno con voi ancor più che se non faceste niente».
Per me la lettura de La casa dei Krull è durata poco più di due giorni: la trama parte lenta e poi inizia a gonfiarsi come il latte quando è sul punto di bollire, accompagnando la tensione crescente che vivono i protagonisti e, con loro, il lettore, fino a gorgogliare violenta e a strabordare. A dettare il ritmo sono le indagini sull’assassinio di una ragazzina del posto, che finiscono inevitabilmente per coinvolgere gli stranieri.
Il libro non delude le aspettative, soprattutto quelle di chi ama Simenon per l’atmosfera densa in cui riesce a collocare le sue storie. Lo stile è inconfondibile: un linguaggio semplice, asciutto, che riesce comunque a descrivere pienamente ambienti e contesti.
Qualche settimana fa, su La Lettura, Antonio D’Orrico ha definito quest’opera come i Nibelunghi di Simenon, attribuendole come voto un 10 con il punto esclamativo. Senza voler sminuire in alcun modo la qualità di questo romanzo, personalmente ritengo che l’apoteosi Simenon l’abbia raggiunta con un altro libro in cui il tema dello straniero è il filo conduttore di tutta la trama, e cioè Il piccolo libraio di Arcanghelsk. Se avete poco tempo, vi consiglio quest’ultimo, già pubblicato anni fa da Adelphi. Se poi ne resterete conquistati, La casa dei Krull non vi toglierà la soddisfazione.
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