L’INDAGINE
Strage di negozi in provincia
Confesercenti: in dieci anni spente 1.500 vetrine ma intanto il turismo fa boom
Meno commercio tradizionale, più ricettività. La grande recessione ha trasformato il volto delle città, modificando la composizione delle attività urbane e “scambiando” le vetrine dei negozi con pub, bar, ristoranti e attività turistiche. Quelle attività sono state dunque parzialmente sostituite.
Una scure che si è abbattuta in modo diverso nei vari settori: a pagare il prezzo più alto sono stati tessile, abbigliamento e calzature. Giù anche i negozi di ferramenta e materiali per costruzioni e giornali, mentre, tra i dati positivi, si segnala l’aumento del numero di negozi di informatica e telecomunicazioni e, soprattutto, delle attività commerciali fuori dai mercati e dai negozi.
«A dare un colpo al commercio, oltre la recessione, è stato anche il regime di deregulation dei giorni e degli orari di apertura introdotto a partire da gennaio 2012 dal Governo Monti - prosegue la nota della sede territoriale di Confesercenti Regionale Lombardia -. Una liberalizzazione insostenibile per i piccoli, e che ha favorito solo la grande distribuzione».
Il rovescio della medaglia è però positivo: sul fronte dei pubblici esercizi e del turismo, infatti, si assiste ad una forte crescita di quasi tutte le tipologie. Dal 2007 ad oggi aumentano i ristoranti e le imprese di ristorazione; nella nostra provincia si conta un + 286 attività con un incremento del 6%. Particolarmente rilevante la crescita di b&b e affittacamere: solo negli ultimi cinque anni hanno registrato un’impennata di circa il 60% e si prevede che, da qui al 2021, il numero sia destinato a salire ancora del 23%. Una piccola rivoluzione con il proliferare di imprenditori.
Ma proprio sulle nuove tendenze il presidente varesino di Confesercenti avverte: «Quelle 1.500 chiusure in parte si possono spiegare con quanti si sono improvvisati - avvisa Christian Spada -. Stiamo attenti dunque ai dati drogati: in un certo periodo ci sono state molte aperture anche per colpa di cattivi consigli, ma non tutti hanno resistito».
Eppure il commercio ha ancora qualcosa di da dire in centro.
«L’importante è essere bravi imprenditori - precisa Spada, attivo nel settore immobiliare -. La grande distribuzione non è il male supremo, sicuramente ha causato dei problemi ma non possiamo continuare a lottare contro i mulini a vento. Quel mercato non si può arrestare: piuttosto diversifichiamo le attività storiche se ci accorgiamo che non hanno futuro, scegliamo altri tipi di business sfruttando la nostra location in centro. Sul boom della ricettività, dico che c’è ancora molto da fare per rendere davvero Varese turistica. La ristorazione? È ottima, sta crescendo ed è persino più elevata di zone molto più turistiche come Como».
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