FUGA DI CERVELLI
«Studiare all’estero ti cambia»
Dalla Liuc al resto del mondo, tre esperienze, unico risultato: a migliorare non è solo la lingua
Dal calore della Sicilia al freddo gelido del Canada. Si fa questo e altro per inseguire un sogno. Che, stavolta, si chiama realizzazione della propria carriera universitaria e professionale. Enrico ha ventun anni. E’ uno di quegli studenti che ha messo in pratica la tanto bistrattata parola “internazionalizzazione”. La Liuc l’ha utilizzata come tema forte all’apertura dell’anno accademico proprio perché, in questo momento, non c’è sapere se non è condiviso, non può esistere crescita umana e culturale se non in un contesto mondiale, anzi globale. Come? Lo spiega Enrico Pirosa da Rosolini, provincia di Siracusa.
Meno venti gradi
«Ero stato in Inghilterra durante i miei studi alle superiori e mi ero reso conto delle enormi potenzialità dell’inglese. Quando si è trattato di iscrivermi all’università, ne ho scelta una dove questa lingua venisse utilizzata direttamente nei corsi. E ho trovato la Liuc». Dalla Sicilia, Enrico arriva a Castellanza e pensa già a quale esperienza fare all’estero. Intanto cerca di migliorarsi: «All’università parliamo in inglese, poi ci viene di farlo anche tra noi studenti italiani, pure a casa». Nasce l’opportunità del Canada. E lui si butta al volo. Va a Waterloo, un centinaio di chilometri da Toronto. Il primo impatto è durissimo, se non altro per il clima. «Mi mettevo due calzamaglie. Fuori c’era meno venti gradi». Fa, però, un’esperienza straordinaria. Ora deve ancora laurearsi (avverrà a luglio del 2018) ma lavora già per un’azienda che si occupa di business e comunicazione. Si tiene cari i mesi trascorsi in Canada (dal 3 gennaio al 15 aprile) e pure quelli estivi, da tirocinante, in Portogallo. Tanta energia e tanta passione messe nello studio – verrebbe da pensare - per dimenticare i cannoli. E non solo.
Una grande famiglia
Francesca Rizzotti è di Gallarate, dove i suoi genitori hanno una ditta. Sceglie la Liuc perché a Business & Economics i corsi sono in inglese. «Cerco subito – avverte - di andare fuori dall’Europa». L’opportunità arriva dal North Carolina, uno degli Stati più conservatori dell’America di oggi. La realtà è un po’ diversa da quella che si vede nei film ma Francesca si ambienta presto nel campus: «Ti accorgi di far parte di una grande famiglia». Le classi sono meno numerose di quelle italiane e i metodi di studio differenti. «Non bisogna stare troppo sui libri ma elaborare nuove soluzioni, l’università ti insegna a muoverti in maniera pragmatica e a cercare di gestirti da solo, pur coltivando un forte spirito d’appartenenza». Dal 10 gennaio al 10 maggio i giorni passano veloci finché non arriva il momento di tornare in Liuc. E di mettere a frutto quanto di buono imparato oltre oceano, perché l’auspicio di tutti gli studenti è di maturare importanti esperienze all’estero ma di mettere a frutto i risultati qui in Italia.
Benedetto Erasmus
Diversa, rispetto alle prime due, l’esperienza di Beatrice Castellani, 25 anni di Monza. Lei arriva da Ingegneria e il contatto con l’estero è tramite l’Erasmus. Da settembre a febbraio, la studentessa è a Breslavia (in polacco Wroclaw) dove approfondisce i temi della sua facoltà con un metodo diverso da quello italiano: «Non conta solo studiare ma buttarsi sui problemi, mettersi attorno a un tavolo e risolverli. Sbagliare si può e si deve, non viene vissuto come un fallimento». Niente campus, per lei, perché ricorda troppo le strutture della ex Ddr. Piuttosto c’è un appartamento in centro con costi della vita molto più bassi rispetto a quelli italiani. Beatrice ormai è inserita nel mondo del lavoro dove svolge consulenze manageriali e si è laureata proprio in questi giorni in Ingegneria gestionale per la produzione industriale su progetti che sta seguendo in azienda.
Un valore aggiunto
Che dire delle tre esperienze all’estero degli studenti Liuc? «Ti buttano fuori, ti svegliano, ti aprono la mente». Queste sono le frasi ricorrenti dei ragazzi. E se ancora ci fossero dei dubbi sui benefici dell’internazionalizzazione, ecco che tutto quanto viene vissuto e spiegato come «un valore aggiunto». Che nasce dal profondo rapporto di collaborazione tra l’ufficio internazionale dell’università castellanzese e le tante realtà che stanno all’estero. Per tenere sempre aperte le porte sul mondo.
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