«Suora e Vaticano ci uccidono col silenzio»
Abbiamo scritto al Vaticano cinque mesi fa, rivolgendoci alla commissione incaricata di esaminare i casi di pedofilia nella chiesa, per chiedere almeno una parola di conforto, per capire se potessero spiegarci degli aspetti della vicenda che ci ha travolti. Ma neanche da lì ci hanno risposto...».
Ormai quella di Roberto Sacconago e della moglie Giovanna è una battaglia quasi solitaria di ricerca della verità. Quella verità che corrisponde al dramma per una figlia morta suicida e protagonista suo malgrado di un processo dolorosissimo contro una suora - Maria Angela Farè - che l’altroieri il collegio del tribunale di Busto Arsizio ha giudicato colpevole per violenza sessuale nei confronti della ragazza. Tre anni e mezzo di condanna, che però non leniscono il dolore.
«Perché almeno qualcosa è successo - riflette il giorno dopo mamma Giovanna - anche se il verdetto riduce tutto quello che è successo agli episodi di un mese solo».
Ma, in questo momento, consci che il pronunciamento di primo grado aprirà le porte a uno scontato ricorso in appello, il desiderio è che dall’universo ecclesiastico ci sia un’apertura «e non - prosegue papà Roberto - quella continua volontà di dimenticare, voltare pagina e slegare la vicenda dalla chiesa».
Ecco allora che Sacconago rivela di aver spedito una missiva nell’aprile scorso.
«Una lunga lettera che doveva raggiungere quella stessa commissione creata dalla Santa Sede per scovare e debellare i casi di pedofilia all’interno del loro mondo. L’abbiamo mandata, come ci era stato indicato, al cardinal Gerhard Ludwig Mueller (peraltro da poco al centro di un’indagine per sottrazione di soldi dalla stessa commissione antiabusi, con 20mila euro nascosti in una scatola di wurstel ndr). Speravamo servisse per avere almeno un segnale di attenzione, anche se ormai la nostra Eva nessuno ce la può più riportare. Ma il tempo è trascorso e mi sa che il nostro appello è finito in un cestino».
Ma non ci sono solo questi silenzi «a prolungare la nostra agonia e a distruggere il nostro cuore», spiega Giovanna. Ce ne sono altri: «In questo momento la cosa che mi lascia esterrefatta è che, dopo la condanna, la suora si sia detta indignata perché innocente e pronta a difendersi in ogni sede. Ma in realtà noi aspettiamo da anni che dica qualcosa, la aspettavamo anche alle udienze del processo per guardarla negli occhi e ascoltarla. Invece non si è mai fatta vedere. Ciascuno sceglie la linea da tenere liberamente, ma perché se ha così tante cose da dire per smentire quello che anche la Procura sostiene, non è venuta in aula? Io e mio marito non abbiamo perso un appuntamento, anche se è stato un supplizio ascoltare certe cose».
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