IL CASO DEI SIPARI
Teatri contro. «Aiuti solo al Sociale»
Dal Manzoni critiche al Comune. «Non vediamo un disegno chiaro sulla cultura»
Non vorrebbero sollevare il problema. Provano a trattenersi. Poi, parlando, non ce la fanno. Ed emerge tutto il bisogno di sentirsi considerati alla stessa stregua di altri. Non per invidia, ma per difendere il lavoro che svolgono da anni per pura passione. I volontari del cinema teatro Manzoni, presentando il prossimo spettacolo in cartellone, fanno capire che attendono dal Comune maggiore considerazione. «Lo slogan cittadino è “mettiamo in circolo la cultura”, però al di là di qualche riunione non vediamo un disegno chiaro da parte dell’amministrazione. Eppure, la cultura è importante per Busto Arsizio - dice Osvaldo Galeazzi, storico volontario della sala - A Legnano ci sono due teatri, uno di fronte all’altro e sono sempre pieni perché il messaggio parte dall’alto. Qui esiste il marchio BA teatro ma non significa programmazione unitaria. Capiamo che la giunta Antonelli sia in piedi da un anno solo, per il futuro speriamo in scelte diverse. I teatri devono essere oggetto di riflessione».
Marco Bianchi, il direttore del Manzoni, volontario dal 1998, evita ogni polemica ma ammette che i «15mila euro promessi per la stagione 2015-2016 ancora non si sono visti» e che per la stagione che sta per terminare «nemmeno si conosce l’importo destinato». «Non mi piace quando sento dire che “a Busto non c’è niente” - rivela - A Busto c’è tanto, ma bisogna accogliere le proposte, presidiare il territorio. Se un giorno qui non ci sarà più una stagione, sarà solo perché non ci sarà pubblico. Noi ci impegniamo ad adeguarci ai gusti e a offrire quello che la gente può apprezzare».
Annamaria Sigalotti, addetta stampa al Manzoni dopo anni di impegno al Sociale, ricorda che «il San Giovanni Bosco ha ripreso quest’anno una stagione sperimentale ma non ho visto interesse per la sua proposta». E aggiunge: «BA Teatro è andata sgretolandosi. Se qualcuno non fa sistema c’è per tutti il rischio di andare a schiantarsi».
«Il Comune ci dice “mettetevi d’accordo e basta”, ma tra quelli che conosciamo già lo facciamo - incalza Gallazzi - Nel mondo della cultura non c’è concorrenza, più proposte ci sono meglio è. Se il Comune ha scelto il Sociale come teatro cittadino ha commesso un errore, perché non è una sala pubblica. Tutte sono realtà private, che siano di fondazioni o delle parrocchie».
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