IL CASO
Trote e branzini “made in Insubria”
Università capofila di un progetto internazionale finanziato con 800mila euro sulla produzione sostenibile dei prodotti ittici
La rivoluzione blu passa da Varese. Per la precisione dall’università dell’Insubria. Dove sta per arrivare un assegno di quasi 800mila euro a sostegno di un progetto per potenziare la produzione mondiale di pesce utilizzando mangimi “sostenibili”. Così sulle nostre tavole potranno arrivare trote, dunque di acqua dolce, ma anche orate e spigole che avranno ingerito del cibo buono.
Il progetto è stato elaborato alla fine del 2015 dall’unità di ricerca in Acquacoltura del professor Marco Saroglia, in collaborazione con altre università e centri di ricerca (per esempio gli atenei di Torino, Sassari, Milano Bicocca) inclusa l’università dell’Idaho, negli Stati Uniti. Il progetto per lo sviluppo di nuovi mangimi per l’acquacoltura durerà tre anni e sarà coordinato dalla professoressa Genciana Terova, docente di Biotecnologie animali. «A incidere sui costi della piscicoltura è soprattutto il prezzo di mercato dei mangimi che rappresenta il 60 per cento del costo totale di produzione, in costante aumento - dice il professor Saroglia - Questo trend di crescita è la conseguenza della limitazione di farina di olio di pesce che rappresenta l’ingrediente di base, dovuta all’eccessivo sfruttamento della risorse alieutica, cioè relativa alla pesca, oceanica».
I fondi per il progetto triennale dell’ateneo di cui è rettore Alberto Coen Porisini, denominato “Fine Feed for Fish”, ammontano a 784mila euro e arriveranno dal consorzio Ager di Fondazioni bancarie, di cui è capofila Fondazione Cariplo.
Oltre il 50 per cento delle imprese di acquacoltura sono dedicate alla produzione di pesci di acqua dolce e acqua salata, mentre il restante si occupa della produzione di molluschi. Il 66 per cento dell’acquacoltura nazionale è dato dalla piscicoltura che produce in prevalenza trote, di cui il nostro Paese è il primo produttore a livello europeo. «Solo un terzo del pesce che arriva sulle nostre tavole è di provenienza italiana ed il bilancio import-export risulta fortemente negativo - aggiunge Saroglia -. Il problema riguarda tutta l’Europa ma l’Italia è il Paese dell’Unione maggiormente deficitario».
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