LA SENTENZA
«Uccise la moglie per i soldi»
Depositate le motivazioni dell’ergastolo ad Alessandro Argenziano. Il difensore annuncia ricorso
Novanta pagine per mettere nero su bianco che, secondo la Corte d’Assise del Tribunale di Varese, Alessandro Argenziano è l’assassino della moglie Stefania Amalfi. E che per questo motivo merita la pena dell’ergastolo.
Una decisione che trova la ferma opposizione del difensore del quarantenne, l’avvocato Stefano Amirante, il quale ha già annunciato il ricorso in Appello: «Lo farò subito e chiederò che sia discusso prima dell’estate, perché il mio assistito si trova detenuto in carcere».
Nelle motivazioni della sentenza, la corte presieduta dal giudice Orazio Muscato, con Cristina Marzagalli in veste di giudice estensore, ripercorre in maniera analitica i diversi passaggi del processo penale a carico di Argenziano, accusato di aver ucciso la moglie il 26 aprile di due anni fa, stordendola con psicofarmaci e soffocandola con un cuscino sul volto, per poi simularne il suicidio così da incassare i 29mila euro della sua assicurazione sulla vita.
Un processo complesso, a tratti anche doloroso per alcuni dei testimoni che hanno parlato in aula, che si è concluso con la condanna.
Per i giudici, il movente è stato di tipo economico, come si evincerebbe anche da alcune intercettazioni telefoniche acquisite: «I colloqui – si legge nelle motivazioni - evidenziano chiaramente l’aspettativa spasmodica di Argenziano di ottenere un beneficio economico dalla morte di Stefania, che lo porta a spiegare ripetutamente agli interlocutori come egli stia per entrare in possesso della somma di circa 60mila euro. È importante sottolineare come egli fosse convinto (erroneamente, ndr) di incassare il doppio del capitale versato, che era pari a 29mila euro, e non la sola somma capitale, il che costituisce serio movente del delitto».
E ancora: «Manifesta un’impazienza anomala nell’entrare in possesso del denaro a dispetto alla situazione di cordoglio attraverso continue richieste di spiegazioni sulla procedura amministrativa atta a “svincolare” la polizza di Stefania. Esprime la consapevolezza dello scampato rischio di perdere il denaro».
In merito alle modalità dell’omicidio, dove la vittima sarebbe stata prima stordita con psicofarmaci, ci sono «elementi univoci circa la riconducibilità del decesso per asfissia a un intervento esterno di tipo meccanico», e proprio «l’ipotesi dell’apposizione di un ostacolo meccanico alla funzione respiratoria di Stefania, ancorché indimostrata sotto il profilo delle evidenze probatorie, va tuttavia valorizzata sotto il profilo della prova logica. Essa resiste ad ogni tentativo di falsificazione, praticato secondo l’insegnamento di Karl Popper».
Un passaggio, quest’ultimo, colto al volo dall’avvocato Amirante: «Si va a cogliere nella filosofia ciò che nel campo giuridico non è stato trovato – ha commentato -. È una sentenza difficile da accettare dal punto di vista tecnico. Anche perché, non dimentichiamolo, è una sentenza di ergastolo. Per questo motivo credo che una seconda valutazione sia necessaria e urgente».
Il legale torna a proclamare l’innocenza del suo assistito: «Nelle motivazioni si dice che non è morta né per l’assunzione di farmaci, né per le sue patologie respiratorie, né per le apnee notturne. Infatti Stefania Amalfi non è morta per una sola di queste cause, bensì per la loro somma».
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