PRIMA UDIENZA
Ultras col mephisto a processo
Sette tifosi della Pro Patria imputati per la foto con passamontagna e saluti romani
Quando si dice trovarsi al posto sbagliato con la persona sbagliata: se non fosse stata per la scelta di Checco Lattuada di postare su Facebook la foto scattata in uno stadio semivuoto in atteggiamenti fascisteggianti, oggi i sei tifosi della Pro Patria non sarebbero a processo insieme a lui.
Giovedì 22 la prima udienza davanti al giudice Valeria Recaneschi. I sette imputati, difesi dagli avvocati Luca Abbiati, Fausto Moscatelli e Giovanni Adami, non c’erano ma con ogni probabilità compariranno a dicembre per rendere l’esame. Il caso - che piaccia o no ai supporter biancoblù sempre veementi sui social quando le vicende dello Speroni finiscono sui giornali e in tribunale - ebbe un’eco nazionale. Anche perché Lattuada - all’epoca consigliere comunale di centrodestra - aveva da poco presentato una mozione contro il burqa per questioni di sicurezza. Peccato però che il 10 gennaio 2016 si presentò sugli spalti con il mephisto, quel passamontagna che lascia aperta solo una mini fessura sugli occhi. Lui e altri sei tifosi, di un’età che va dai 29 ai 50 anni, durante l’intervallo dell’incontro Pro Patria-Renate si fecero una foto ricordo: Lattuada con il volto coperto e il braccio destro alzato in un inequivocabile saluto romano, gli altri invece sfoggiarono il saluto a tre dita, quello nazionalista serbo.
Uno scatto tra amici che sarebbe dovuto restare nei loro cellulari. Forse la digos nemmeno li aveva notati. Ma Lattuada volle pubblicarla sul social network, dando a quella foto un taglio propagandistico, almeno a parere della polizia e degli inquirenti. Così ora rispondono tutti e sette di discriminazione razziale. Sulla base di due leggi: la prima è la 152 del 1975, che vieta “il travisamento in luoghi aperti al pubblico”, la seconda è il decreto 122 del 1993 (meglio noto come Legge Mancino) che sanziona il “compimento di manifestazioni esteriori proprie di organizzazioni che incitano alla discriminazione”.
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