IL PERSONAGGIO
Van De Sfroos senza schemi
In giro per Gallarate con il cantautore che (in vista di San Siro) spiega com’è
«La mia musica non è quella da classifica, non è mainstream, non corre sulle autostrade del sistema». È in questo modo che Davide Van De Sfroos descrive la sua carriera e il suo percorso a bordo della Curriera in vista della data del 9 giugno a San Siro. E quando non fai l’autostrada, il viaggio ti porta a conoscere tutti i paesi che compongono il tragitto, in un panorama visto tante volte ma che, in questo caso, ti fermi ad osservare. «Ho sempre chiamato la data di San Siro un raduno. Questo perché mi piacerebbe fosse come quando lanci una moneta, ma il desiderio è che esca la terza faccia, quella che non c’è, ma l’unica in grado di spiegare quel che vivremo». Le due facce della medaglia sono, una, il concerto che lanci l’artista; l’altra un progetto che sale sul palco per fare classifica e rimanerci. Ma quel giorno, nel tempio del calcio e della discografia, non ci sarà nulla di tutto questo.
«Vogliamo dimostrare che questa musica, la mia carriera, il mio pubblico, non rappresenta un errore del sistema. Potremo essere tutti insieme, la stessa sera, nello stesso luogo». Andare nelle piazze, nelle città è un chiamarsi a raccolta reciproco. «Ci sono momenti di una carriera dove hai bisogno di un sostegno, di una spinta. Capire che ne è valsa la pena e non è stato importante solo per te». Mentre dice queste cose, seduto sui gradini della basilica di Santa Maria Assunta, le persone si fermano, gli parlano in dialetto, si interfacciano a lui come farebbero con il vicino di casa. «Üe Davide, in gamba», incalza un signore a cavallo della sua bici. «Ci siamo visti la prima volta nel ‘95, ti ricordi? Stasera vengo a teatro, ciao». Il cantautore ascolta, sorride, stringe la mano, si concede per una foto o solo per una chiacchierata e poi riprende. «Vedi? È sempre stato così. Siamo un popolo con una sua identità, non è fanatismo, è appartenenza. Ma quando giri nelle piazze in questo modo prendi tutto quello che vuol dire, dall’affetto, alle pressioni».
E San Siro, un po’ di pressione, la mette. «Io non so dire come sarà. Non ci sono filtri e lo scoprirò soltanto lì. Ma è il viaggio quello che conta, la sua forma. Ti porta a mettere in gioco una grossa parte del tuo mondo».
Il suo pubblico lo vuole abbracciare interamente. Lo fa in piazza Libertà, ma prosegue poi anche al teatro Condominio, di sera, in un contesto differente, ma con lo stesso scopo. «In piazza vai per incontrare le persone. Per sentirli, farti caricare, dare una pacca sulla spalla e fare una foto» A teatro invece tutto si alza di un gradino, o meglio, di un palco. «A teatro hai un interlocutore, un giornalista, che rappresenta la gente e fa la domanda che anche altri vorrebbero fare. Lì ti racconti, c’è lo spazio per approfondire». L’approfondimento i gallaratesi lo apprezzano. Anche quelli che stanno in disparte, anche quelli che a teatro sono solo curiosi. Perché con quella chitarra Davide Van De Sfroos ha raccontato storie che «possono essere tragiche, comiche, anche banali, ma sono comunque vere». Lo sanno bene gli Shiver, la giovane band folk che ha accompagnato il cantante classe 1965 nell’ultimo tour e che ha offerto il suo contributo in piazza. «In loro vedo me stesso quando sono partito. Sono i figli delle coppie che venivano ai miei concerti nelle prime calate a Lecco. Sono la prova che il folk sta tornando, che lo fa con i giovani, che questo genere ha ancora quel linguaggio che tende a far vivere una festa in piazza, per un popolo in viaggio». In viaggio verso San Siro.
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