LA SCRITTA
“Varese m...” su un muro di Pisa
Cancellato l’insulto dopo 15 anni grazie alla battaglia di Alfredo Ambrosetti
“Varese merda”. Così, senza punto esclamativo. Vernice scura su un muro chiaro. Lettere sottili, che il tempo e le intemperie non avevano cancellato e che i passanti, indifferenti, avevano mandato a memoria.
Un insulto. Gratuito. Forse il “benvenuto” dell’immancabile frangia di ultrà nutrita di antiche e improbabili rivalità sportive.
Nulla a che vedere con la goliardia. O con la politica.
Chi e in quale circostanza abbia riservato cotanta gentilezza alla Città giardino, imbrattando con lo spray una strada della città di Pisa, nessuno lo saprà mai.
Anche perché quell’insulto era vecchio di almeno quindici anni. Lasciato lì, sulla pubblica via, senza che nessuno si fosse mai fatto carico di cancellarlo o di nasconderlo sotto altra vernice.
Fino a pochi giorni fa e al termine di una garbata, ma non meno determinata battaglia intrapresa contro la burocrazia da un varesino del calibro di Alfredo Ambrosetti, il patron del Forum che ogni anno raccoglie a Cernobbio i grandi della Terra.
Sua la firma in calce a una lettera indirizzata al sindaco di Pisa Marco Filippeschi il 20 aprile scorso. E suo l’indirizzo di posta elettronica su cui, da allora, si sono intrecciati solleciti, dilazioni e risposte evasive. Fino all’ultimo messaggio, datato 16 ottobre: «Le comunichiamo che la scritta da lei segnalata è stata cancellata. Un cordiale saluto».
Alfredo Ambrosetti ricostruisce così la vicenda nella prima lettera inviata sotto la Torre pendente.
«Più di quindici anni fa - scrive a Filippeschi -, sottolineo più di quindici anni fa, sono stato a Pisa perché ero consulente di uno dei principali industriali della zona. Nel tragitto in città rimasi sorpreso e non meno irritato dal leggere su un muro una vistosa offesa assurda, volgare e incivile, “Varese merda”, contro la mia città. Fui molto amareggiato ma continuai la mia giornata».
E nel paragrafo successivo: «Il Venerdì Santo scorso, mio figlio e la sua famiglia sono venuti in Toscana per alcuni giorni di vacanza. La prima tappa è stata proprio Pisa. Nello stesso giorno mi arriva una telefonata da mia nipote Vittoria (sei anni, frequenta la prima elementare) che mi dice tutta irritata nonno, ho visto su un muro qui un’offesa gravissima contro Varese e mi ripete la frase. In sintesi, dopo oltre quindici anni, la scritta offensiva e incivile è ancora sul muro nella stessa posizione, nello stesso luogo della sua città. Ho promesso a mia nipote che mi sarei fatto sentire».
Tutto risolto? Neppure per idea. Per ottenere il colpo di spugna sono stati necessari sei mesi e un pressing senza tregua nei confronti del municipio pisano, dei suoi funzionari e di un sistema (il muro imbrattato appartiene a privati) che non autorizza interventi d’imperio, ma impone un’estenuante trafila. Alla fine però il risultato è arrivato. Alfredo Ambrosetti ne ha preso atto senza rinunciare al proverbiale aplomb. Soddisfatto, certo, «ma questo episodio è solo un esempio di quanto sia radicata la maleducazione e di quanto sia grande il peso della burocrazia nel nostro Paese».
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