L’EVENTO
Venti mostre e 16 sedi per la XXI Esposizione della Triennale
Milano ci ha preso gusto. Spenti da poco i fari su Expo 2015, si riaccendono su un’altra Esposizione Internazionale che mancava da 20 anni, tema gli oggetti che l’uomo progetta e dei quali si circonda. È la XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano dal titolo «21st Century. Design After Design». Ovvero il progetto oltre il progetto nel nuovo millennio, intendendo il termine design nel senso più ampio possibile. Basti pensare a Steve Jobs, che coniugava il sapere tecnologico con il lato estetico dei suoi oggetti del desiderio.
La Triennale di Milano fu fondata a Monza nel 1923 in occasione della I Biennale delle arti decorative e trasferita a Milano nel 1933 con la costruzione in viale Alemagna del Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio, voluto dall’industriale tessile legnanese Antonio Bernocchi.
È dunque una necessità che una siffatta esposizione multidisciplinare debba espandere i suoi tentacoli, arrivando a comprendere ben 16 sedi espositive per svolgere un programma di 20 mostre e di altri eventi, call, festival e convegni. Una diffusione urbana che giunge sino al Serrone di Villa Reale di Monza. Qui non poteva mancare la rassegna «Road to R(e)volution. Prospettive di futuro. La poetica del domani fra car design e mobilità», ricordando che la kermesse, partita il 2 aprile, dura sino al 12 settembre, quando (dal 2 al 4) all’Autodromo va in scena la Formula 1.
Oltre 22mila metri quadrati sono occupati tra Milano e Monza e 17mila in area Expo, dove con «City after the City» sono declinate in mostre le aspirazioni umane per una città diversa: dall’urbanesimo paesaggistico alla Street Art. Dunque una visita che impone delle scelte, a parte ancora le proposte di altri 30 paesi.
NEL PALAZZO DELLA TRIENNALE
La «21st Century. Design After Design» tocca questioni chiave del progetto quali la sua capacità di confrontarsi con i temi antropologici (il sacro, l’eros, il destino, le tradizioni, la storia); la questione del genere nella progettazione; l’impatto della globalizzazione sul design; le trasformazioni conseguenti la crisi del 2008; la relazione tra città e design; i rapporti tra design e nuove tecnologie dell’informazione; i rapporti tra design e artigianato.
Non a caso una delle cinque mostre che ospita nella sua sede la Triennale è «Neo Preistoria - 100 Verbi», a cura del noto designer Andrea Branzi e del giapponese Kenya Hara: dalla penombra emergono cento utensili che vanno dall’età della pietra al mondo contemporaneo e cento verbi che indicano le attività umane svolte con tali utensili. Di Branzi anche la «Metropoli multietnica» caratterizzata dalla convivenza di minoranze.
L’Esposizione porta negli spazi di viale Alemagna anche l’iniziativa «Stanze. Altre filosofie dell’abitare», progetto di Gianni Filindeu che è una sfida all’apparente collasso del mondo contemporaneo e alle sue contraddizioni: mette in scena l’architettura degli interni interpretata da 11 grandi progettisti (faro Alessandro Mendini) che si confrontano su temi identificati dal saggista Francesco Matteo Cataluccio e tratti da grandi opere.
La questione del genere è affrontata nella Triennale Design Museum, che in questa edizione ha per titolo «W. Women in Italian Design», in cui Silvana Annicchiarico traccia una nuova storia del design italiano al femminile. N’è un esempio l’idea delle tre ramificazioni «Metamorfosi vegetali» di Francesca Lanzavecchia con Hunn Wai che spuntano da tre ditali su un’aggraziata mano femminile.
Il fascino femminile si esalta in «Brilliant! I futuri del gioiello italiano», a cura di Alba Cappellieri, una selezione di 50 gioielli italiani in una commistione di arte, design, moda e nuove tecnologie.
... E FUORI TRIENNALE
L’ex acciaieria Ansaldo in zona Porta Genova, entrata col nome di «Base» nel novero dei punti di riferimento multidisciplinari cittadini, va ad aggiungersi con altre funzioni (laboratori creativi, coworking e start up) al recente meraviglioso Mudec, dove nella mostra «Sempering» i curatori Luisa Collina e Cino Zucchi affrontano il tema «delle tecniche elaborate in ambiti specifici capaci di generare patterns e forme senza ipotizzare una semplice riproposizione del passato».
Una visione dell’incontro virtuoso fra innovazione tecnologica e manifattura d’eccellenza viene dal progetto «New Craft», presentato da Stefano Micelli alla Fabbrica del Vapore, dove il visitatore può guardare sia l’opera sia i nuovi strumenti del «digital manufacturing» per scoprire la loro integrazione con il lavoro umano.
L’arte è coinvolta un po’ in tutta la «21st Century. Design After Design», a cominciare dall’Accademia di Brera, ma alcuni progetti la richiamano specificamente. Nello spazio dello Shed di Pirelli HangarBicocca con «Architecture as art», Pier Luigi Nicolin propone le opere di 14 architetti appositamente realizzate per la mostra volte a illustrare le nuove responsabilità del costruire senza ricorrere agli elementi tipici dell’architettura reale: le balle di carta da riciclo diventano blocchi di pietra nell’assemblaggio di una struttura con valenza simbolica.
Il «grande vecchio» dell’arte Gillo Dorfles (106 anni il 12 aprile), con Aldo Colonetti, mette in scena alla Permanente la mostra «La logica dell’approssimazione, nell’arte e nella vita».
Lo Iulm con «Game - Video Art. A Survey» offre la più completa rassegna di «machinima» (contrazione di «machine» e «animation») mai organizzata in Italia. «Confluence», installazioni di artisti di Paesi diversi, inaugura i nuovi spazi delle «Cavallerizze» al Museo della Scienza «Leonardo da Vinci».
Ma a riportare il tutto in un’altra dimensione ci pensa il Museo Diocesano con «Design Behind Design», ponendo il problema di «cosa vi sia dopo o dietro il progetto». Tantissimi dunque gli argomenti in campo.
XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano «21st Century. Design After Design» - Fino al 2 settembre a Milano, sedi varie, biglietto unico 15/12/10 euro, pass stagionale: 22 euro, 21triennale.org.
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