IL MONITO
«Vieni in chiesa? Rispetta i migranti»
Monsignor Severino Pagani duro dopo gli slogan dei giorni scorsi
«Certe affermazioni stridono con il fatto di dichiararsi cristiani», ha esordito monsignor Severino Pagani. Era stato chiamato a intervenire al convegno “Migrazioni. Oltre l’emergenza, i confini, l’emotività”, organizzato dalla commissione decanale a San Giuseppe e introdotto da Enrico Maria Tacchi, con l’intento di dimostrare come, in cinque anni, l’emergenza intorno ai profughi si sia trasformata in una condizione permanente, che necessita di essere governata anziché strumentalizzata.
Il prevosto di Busto non ha avuto bisogno di precisare a chi si rivolgesse, perché le parole usate, all’orecchio di chi abbia voluto intendere, sono suonate inequivocabili: «Alcuni slogan, pronunciati da persone che hanno responsabilità politiche, sono molto gravi. Più grave è che costoro partecipino al culto cristiano. Uno che la pensa così, è uno scandalo se entra in chiesa. Meglio che non ci venga. Diciamolo cordialmente, ma chiaro».
E ancora: «A giudicare dal numero di battezzati, Busto sarebbe una città cristiana, ma vedo all’orizzonte un pensiero sbagliato, che nega il cristianesimo» ha rimarcato il monsignore, per invitare quindi i fedeli autentici ad impegnarsi «per salvaguardare la libertà democratica e la dignità umana».
Infine, ha sintetizzato la posizione della Chiesa in tre punti: «I cristiani non sono ingenui o buonisti. Piuttosto, devono favorire la diffusione di un pensiero giusto, che segua il Vangelo, come prima cosa, senza partire polemicamente, frapponendo pensieri ideologici o peggio. Secondo: trovare tavoli comuni, collaborare. Terzo: varare progetti».
Questa la strada indicata, che gli altri relatori del convegno si sono premurati di tratteggiare, a cominciare dall’intervento di Martina Dominica, analista dell’associazione culturale Caffè Geopolitico, che ha illustrato i numeri di un fenomeno globale che investe l’Italia solo in piccola parte: «Nei primi dieci paesi al mondo per numero di accoglienza, dove al primo posto troviamo la Turchia, l’Italia non figura. Eppure, dal 2011 siamo in stato d’emergenza. Da allora sono arrivati 153 mila profughi e 29mila richieste di asilo sono state approvate. Il Ministero ha elaborato delle stime per quanto riguarda gli arrivi, ma i fatti sono stati inferiori alle attese. Però, ci sono problemi e l’emergenza continua. La cosa non quadra».
Hanno preso parola anche due testimoni di conflitti del passato e del presente: il caso di un ferroviere di origini serbe, fuggito dalla Dalmazia croata negli anni 90 e ora integrato tanto da parlare correntemente anche il veneto; oppure quello di Miriam, praticante avvocato, che dopo dieci anni ha riaccompagnato il padre nella sua terra d’origine, la Palestina.
Dall’Ipc Verri è poi venuta la testimonianza della docente Caterina Stefanazzi, promotrice di un progetto di accoglienza che nel 2013 ha prodotto la pubblicazione del volumetto “Un passo indietro”, dove sono stati raccolti i racconti di migrazione, scritti da studenti o ex studenti di origine straniera e di cui sarà presto stampata una seconda edizione aggiornata, con nuovi racconti.
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