RISORSA
Viva i nonni, che ci sono sempre!
Una domenica dello scorso anno papa Francesco si è rivolto con queste parole a oltre 40mila nonni che insieme ai loro nipoti erano presenti in piazza San Pietro: «Bambini e anziani, rappresentate i due poli della vita, che sono anche i più vulnerabili. Occorre stabilire tra voi un’alleanza, da cui nonni e nipoti possano ricevere e donare affetto».
Gli psicologi sono concordi nel riconoscere il legame nonno o nonna e nipote come un fattore protettivo, a condizione che i nonni non si sostituiscano arbitrariamente alla figura dei genitori, ma collaborino con loro allo sviluppo fisico ed emozionale del bambino. Da un’indagine condotta in Europa risulta che il nonno italiano viene considerato dal nipote (di età compresa tra i 6 e i 15 anni) una persona che trasmette affetto, che comunica esperienze e che comprende, più dei genitori, i problemi giovanili.
In Italia il 33% dei nonni si prende cura quotidianamente dei nipoti, contro il 15% della Gran Bretagna e l’1,6% della Danimarca. La situazione è positiva da un punto di vista umano, ma denuncia le difficoltà economiche delle nostre giovani famiglie che per accudire ai figli devono chiedere l’aiuto dei nonni. Condizione resa ancora più necessaria quando le coppie si separano.
Ma che cosa significa essere nonni oggi? Dall’indagine precedentemente citata emerge che i nonni italiani reagiscono in modo diverso: per la maggior parte (70%) occuparsi dei nipoti è fonte di continuità e di rinnovamento biologico, poiché si rivivono i tempi in cui erano genitori, con le stesse gioie e preoccupazioni di allora. Inoltre, i nonni possono trasmettere ai nipoti, che li ascoltano, le loro esperienze personali. C’è però una minoranza (6%), in gran parte nonne, che non accetta volentieri questo ruolo per povertà emotiva o per timore di avvicinarsi prima del tempo alla vecchiaia. (g.c.s.)
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