L’INCHIESTA
«Vogliamo la verità per William»
Ucciso il 6 ottobre 2015 dopo un inseguimento. Il legale della famiglia Trunfio sollecita la procura.
Omicidio di via Micca, «a distanza di circa un anno dalla chiusura delle indagini, vogliamo la verità». Questa volta è l’avvocato Giuseppe Lauria a lanciare un appello alla procura. Il difensore della famiglia di William Trunfio - ucciso dall’appuntato indagato al termine di un inseguimento rocambolesco - è in un certo senso sulla stessa linea della controparte, ossia del collega Pietro Romano, difensore del carabiniere. Con conclusioni opposte, entrambi chiedono un provvedimento che faccia luce su quel che accadde il 6 ottobre del 2015 a Crenna.
Per il legale Lauria non ci sono dubbi: «Ci attendiamo l’esercizio dell’azione penale nei confronti del militare che esplose il colpo d’arma da fuoco che uccise Trunfio». Per l’avvocato Romano, invece, il fascicolo è da archiviare perché l’indagato altro non fece che difendere un collega steso a terra che rischiava la vita.
I fatti, secondo quanto ricostruito dai carabinieri stessi e dalla procura, sarebbero iniziati poco dopo le 3 di quella notte in viale Milano. Il trentanovenne Trunfio aveva inaugurato la giornata con una rapina: in via Marsala si impossessò di una Panda puntando un coltello contro il proprietario.
Qualche ora dopo prese di mira due ragazze che facevano benzina a un distributore di Buguggiate: stessa tecnica per portarsi via borse ed effetti personali. Poi in tarda serata un tentativo di truffa al Carrefour.
Con la carta di credito di una delle due giovani tentò di pagare merce per circa 50 euro. «Mi mostri un documento», era stata la richiesta di routine del cassiere. Preso dal panico, Trunfio a quanto pare avrebbe mollato gli acquisti sul rullo e si sarebbe dileguato nel buio delle strade gallaratesi.
La pattuglia del nucleo radiomobile era ferma vicino al commissariato quando la Fiat passò sul lato opposto di viale Milano. L’appuntato in servizio la riconobbe come quella che al mattino era stata sottratta a un gallaratese (sull’intervento era andato lui) e con il collega decise di fermarla. Ma Trunfio ingaggiò un inseguimento folle, fino in via Micca, dove l’auto dell’Arma lo superò e bloccò. Il trentanovenne a quel punto investì uno dei due militari e provò a fare manovra per scappare e poi, nonostante l’appuntato tentasse di tirarlo giù dall’abitacolo prendendo a pugni il finestrino, fece per innestare ancora la prima. E lì gli eventi precipitarono verso la direzione nota.
«Esaminate le perizie, ho depositato una memoria difensiva nell’interesse delle persone offese, ossia i parenti del defunto, nella quale ho censurato una serie di circostanze gravemente contraddittorie e incongruenti tra l’esame balistico cinematico e le dichiarazioni rese sia dall’indagato che del collega. Quindi i parenti di Trunfio attendono una richiesta di rinvio a giudizio, poiché solo a dibattimento sarà possibile approfondire tutti gli accertamenti compiuti oltre che sentire i consulenti, così da comprendere entro quali limiti e circostanze il carabiniere abbia esploso il colpo d’arma da fuoco che ha ucciso il trentanovenne», auspica l’avvocato Lauria.
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