LA COMMEMORAZIONE
Zamberletti nella “sua” Irpinia
Trentasei anni fa il sisma che uccise oltre duemila persone. Il “papà” della Prociv: «Fatti passi avanti ma serve una nuova cultura»
«Il tempo non ha disperso questo legame di gratitudine e solidarietà. Anzi, lo ha rafforzato e reso indelebile».
Giuseppe Zamberletti, 36 anni fa, pochi giorni dopo il terremoto che il 23 novembre del 1980 aveva colpito l’Irpinia e la Basilicata, e mentre si contava ancora il numero delle vittime, che sarebbe poi arrivato a 2.914, arrivò in Alta Irpinia come commissario straordinario per l’emergenza e il coordinamento dei soccorsi, nominato dal governo presieduto da Arnaldo Forlani.
Il “padre” della Protezione Civile italiana, (si deve a lui la legge del 1992 che per la prima volta in Italia organizzò le competenze di Stato, regioni, enti locali, volontariato per affrontare le calamità naturali, ndr) oggi ha 83 anni e anche quest’anno ha affrontato un lungo viaggio in treno, da Varese dove risiede a Benevento, quindi in auto a Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), dove la mattina di oggi, mercoledì 23 novembre, ha partecipato a un convegno in ricordo delle vittime e per fare il punto con amministratori locali e regionali su prevenzione e Protezione Civile.
Ad accoglierlo, Rosanna Repole, oggi sindaco della cittadina altirpina che fu tra le più colpite per numero di vittime, che 36 anni fa, in una tenda, in presenza di Zamberletti giurò da sindaco succedendo al giovane sindaco democristiano, Guglielmo Castellano, morto sotto le macerie.
«Da allora, abbiamo fatto molti progressi - dice Zamberletti a proposito della Protezione Civile -, un modello quello italiano che l’Unione Europea, e potrei dire il mondo, utilizza come riferimento». Pensando ai nuovi drammatici eventi che hanno sconvolto le comunità del centro Italia, Zamberletti non può fare a meno di osservare che “in quanto a prevenzione, il Paese deve fare ancora molta strada.
Soprattutto in termini culturali: le istituzioni possono dare delle risposte, se il Paese le richiede non sotto la spinta emozionale causata dall’avvenuto disastro, ma quando c’è la tranquillità per poter operare e programmare in assenza di macerie, vittime e superstiti a cui assicurare una sistemazione.
La riapertura delle scuole nelle zone terremotate di Marche e Umbria - sia pure in una condizione che resta quella dell’emergenza -, fa affiorare i ricordi che Zamberletti porta con sé dopo l’esperienza in Irpinia e, prima ancora, nel 1976, da commissario straordinario per il terremoto che in Friuli causò la morte di quasi mille persone.
«Quello dei bambini che nelle zone colpite dal terremoto tornano a scuola, accompagnati dalle famiglie, che cantano l’inno nazionale, il reinsediamento dei primi nuclei familiari rimasti senza casa, sono il più caro ricordo di quella mia esperienza, che continuo a conservare nel cuore insieme alla gratitudine che devo alle singole persone e ai sindaci che ho incontrato in Irpinia: resero meno difficile il compito enorme che si presentava davanti a noi».
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